Hotel di Rimini spalancano le porte a donne e bambini

Ucarini rifugiati in un accampamento della Croce Rossa a Leopoli. (ANSA)
Ucraini rifugiati in un accampamento della Croce Rossa a Leopoli. (ANSA)

RIMINI. – Non poteva che viaggiare a pieno ritmo proprio in una capitale di ricettività come Rimini la macchina dell’accoglienza per i profughi ucraini in fuga dalle bombe e dai missili di Vladimir Putin. Nella città romagnola sono già centinaia le persone che hanno trovato una casa mentre un piccolo hotel è stato promosso sul campo a quartier generale per la logistica dell’accoglienza.

Di rientro da Leopoli l’assessore riminese Kristian Gianfreda lancia un Sos: assenti le Ong internazionali. A Rimini tutti coloro che possono stanno dando una mano per accogliere al meglio donne, bambini, e chiunque sia riuscito a scappare dall’inferno ucraino. Gente che sa che a casa sua probabilmente non tornerà. Che con sé ha solo quel che indossa e poco altro. Fuggiti in condizioni disperate e arrivati dopo viaggi durati pure 80 ore.

A Rimini sono stati riaperti in fretta e furia gli alberghi stagionali, col coordinamento di Riviera Sicura. Aperte anche tante seconde case. Per ora sono ospitati in 200 ma la ‘macchina’ è già pronta per 400 persone. Frenetico il via vai all’hotel Brenta, piccolo albergo a gestione familiare, ormai un ‘hub’ per l’accoglienza: alcuni abitanti della zona di origine ucraina si sono resi disponibili per pianificare gli arrivi tramite chat.

La sala colazioni è diventata una sorta di anagrafe improvvisata. Il ristorante è la sala giochi dei bimbi arrivati. I più grandi si danno da fare e aiutano il personale dell’hotel nel trasporto di ciò che serve da un piano all’altro. Il magazzino è un bazar. Sta rientrando in queste ore dall’Ucraina, da Leopoli la città ad Ovest dove si sta riversando la maggior parte dei profughi, Kristian Gianfreda, assessore del Comune di Rimini, reduce da una missione di alcuni giorni con una delegazione della Papa Giovanni XXIII. Nove ore per superare in auto il confine con l’Ungheria.

“Ad oggi non c’è ancora sul campo una Ong internazionale. Gli unici interventi sono locali, e spontanei”, dice raggiunto telefonicamente dall’ANSA mentre si trova a Berehove. “Toccare con mano e capire qual è la situazione cambia la prospettiva delle azioni, degli interventi”. “Quello che si percepiva già da Rimini quando abbiamo cominciato a raccogliere i primi aiuti – dice – è che non si sapeva bene a chi e dove inviarli. C’era e c’è una grande disponibilità ma difficoltà nel convogliarla. Allora ho deciso di partire”. “Serve organizzazione e serve fare in fretta. A Leopoli gli ospedali chiedono farmaci, non c’è il pane”.

I bisogni più importante sono legati alle persone più fragili, “bambini disabili, autistici, e anziani”. Tanti i casi, segnalati da parenti a Rimini, che l’assessore ha provato a “risolvere” da lì. Alcuni bambini disabili sono in viaggio grazie all’appoggio di un frate. “Abbiamo messo mamme su dei pulmini”.

Ma non per tutte c’è un lieto fino. “C’è la parente anziana, sola, di una famiglia a Rimini che non ha modo di venir via da Kiev. C’è un padre, vedovo, che ha l’età per combattere e non può spostarsi ma ha anche un figlio autistico che non riesce a portare fuori dal Paese”. Il fiume umano in arrivo è inarrestabile. “Tra le immagini che non cancellerò – dice Gianfreda – donne, bambini, ‘buttati’ dove capita. E le lunghe file di ragazzi in coda per ritirare armi e andare a combattere”.

(di Mirco Paganelli e Stefania Passarella/ANSA)

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