Da Apple a Eni, big tagliano legami con Mosca

Logo del Eni.

NEW YORK.  – Non solo sette banche russe fuori da Swift. La scure europea contro la fortezza di Vladimir Putin prevede anche il divieto di esportazione di euro nel paese. La nuova mossa per aumentare il pressing sul Cremlino si va ad aggiungere alle iniziative del settore privato.

Dalla Silicon Valley a Big Oil, dalla grande industria agli studi legali passando per le Big Four della revisione e consulenza, le aziende occidentali criticano a una sola voce l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e corrono ai ripari.

Alcune sono mosse dalla volontà di prendere una posizione netta contro la guerra anche a fronte di costi elevati. Altre dalla voglia di evitare danni alla reputazione, e altre ancora dall’impeto di fronte alla crescente pressione internazionale.

Apple, alla quale si era rivolta direttamente il vice premier ucraino Mykhailo Fedorov, ha sospeso le vendite di tutti i suoi prodotti in Russia. NIke ha bloccato le sue vendite online nel paese. Eni ha deciso di vendere la sua quota nel mgasdotto Bluestream con Gazprom, andando ad allungare la lunga lista di colossi dell’energia che stanno scaricando Mosca.

Bp è stata la prima a rompere le fila annunciando di voler dismettere la sua quota di quasi il 20% in Rosneft, anche a fronte di una perdita stimata in 25 miliardi di dollari.  Shell ha comunicato di voler uscire dalla sua joint venture con Gazprom, con la quale ha interrotto la partnership anche la Uefa. Ha preso le distanze dalla Russia anche Exxon, spianando la strada a una sua uscita graduale dal paese. La norvegese Equinor ha cessato le partnership con Rosneft, e ha detto addio al paese anche la danese Orsted.

Sul fronte della grande industria a fare un passo indietro sono state da Boeing a Bmw passando per Ford e Dell. Il gigante dell’aviazione americano ha sospeso i servizi di supporto tecnico e manutenzione dei suoi aerei alla compagnie russe. Bmw ha bloccato le esportazioni di auto in Russia, mentre Ford ha sospeso con effetto immediato e fino a data da destinarsi le sue attività nel paese. Renault ha chiuso l’impianto di Mosca. Daimler Truck ha interrotto la partnership con Kamaz. Ha sospeso le sue attività nel paese anche la tedesca Siemens, e hanno fatto un passo indietro l’armatore danese Maersk, l’operatore del leasing degli aerei AerCap, e i corrieri Ups e FedEx.

I grandi studi legali internazionali sono al lavoro per riorganizzare la loro attività nel rispetto delle sanzioni varate. La pressione è particolarmente alta per i giganti delle revisione e della consulenza, in Russia da decenni per capitalizzare sul boom del commercio internazionale innescato dal crollo dell’Unione Sovietica: pur avendo condannato l’invasione e aver predisposto la loro attività per rispettare le sanzioni, le big del settore – Deloitte, EY, KPMG e PwC – non hanno ancora fornito dettagli su come il conflitto si ripercuoterà sui clienti con cui lavorano, riporta il Financial Times.

Il crescente isolamento della Russia di fronte a sanzioni occidentali  senza precedenti si riflette in pieno nel valore quasi azzerato dei maggiori gruppi russi quotati a Londra, dove sono stati quasi spazzati via.

Nonostante il pressing la Russia prosegue nella sua campagna ucraina e, al momento, non sembra intenzionata a fermarsi.