Covid: il green pass fa litigare in caserma, aumentano i reati

Carabinieri eseguono controlli di Super Green pass durante il fine settimana.
Carabinieri eseguono controlli di Super Green pass durante il fine settimana. (Sala Stampa - Comando Provinciale Carabinieri Roma)

ROMA. – L’obbligo del Green pass ha avuto dei riflessi anche all’interno delle caserme con episodi che in alcuni casi sono arrivati al vaglio dei magistrati con le stellette. In particolare, secondo quanto emerge dalla relazione del Procuratore generale militare presso la Corte d’Appello, Marco De Paolis, illustrata alla cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, nel corso del 2021 sono aumentati i procedimenti per reati di insubordinazione con ingiuria o minaccia (e, parallelamente, di minaccia o ingiuria a inferiore) legati, appunto, a controversie tra militari nate “in ragione dell’applicazione delle norme sulla prevenzione dai contagi”.

Un incremento, sottolinea De Paolis, legato “alla forte divisività del tema legato alle norme in materia di prevenzione dai contagi” che ha portato ad un inasprimento anche dei rapporti tra superiori e inferiori. Nell’ultimo anno si sono registrati casi di militari, sprovvisti di certificazione verde Covid-19, che sono entrati nei luoghi di lavoro nonostante le intimazioni dei militari di guardia. Per loro, è detto nella relazione del Pg, è scattata la denuncia per forzata consegna. Ci sono stati anche casi di militari che hanno rifiutato di obbedire all’ordine di allontanarsi dalla caserma, con conseguente denuncia per disobbedienza.

Sempre nell’ambito dei temi legati alle normative Covid, negli ultimi 12 mesi sono aumentate le segnalazioni di offese alle istituzioni (Capo dello Stato, Presidente del Consiglio, Governo in generale) da parte di militari in servizio. Iniziative avvenute attraverso i social network con messaggi offensivi pubblicati su Facebook, Instagram e Telegram.

“Sono stati segnalati, nel corso dell’anno, alcuni procedimenti per reati di vilipendio e di offesa alle istituzioni che, per evidenti ragioni, prevedono pene decisamente più severe per i militari rispetto ai cittadini comuni – De Paolis -. Altri procedimenti sono stati aperti per diffamazione, reato sempre procedibile d’ufficio perché, quando commesso a mezzo social network, è aggravato dal mezzo di pubblicità”.

In alcuni casi, sempre su piattaforme informatiche, sono state riscontrate forme di incitamento alla protesta, dirette anche ad altri militari, per i quali sono state avviate indagini per istigazione del militare a disobbedire alle leggi. Altro nodo finito all’attenzione dei magistrati militari è quello relativo alle condotte di coloro che hanno rifiutato di vaccinarsi e di sottoporsi a tamponi accettando invece di essere considerati “assenti ingiustificati”.

“Tenuto conto di alcune segnalazioni di casi sospetti – afferma De Paolis nella relazione -, in alcuni uffici di procura sono stati iniziati approfondimenti al fine di verificare se nel periodo di assenza ingiustificata i militari avessero comunque conseguito un green pass ‘da tampone’ (per finalità evidentemente diverse da quella lavorativa), con ciò rendendosi idonei al lavoro ma ciononostante astenendosi dal rientrare in servizio. Questa attività di indagine è ancora in corso e, pertanto, ove emergesse tale risultato, si dovrebbe valutare se si possa affermare la sussistenza del reato di diserzione”.

(di Marco Maffettone/ANSA)

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