La Turchia non cede, l’attivista Kavala resta in carcere

Agenti di pólizia fanno la guardia di fronte al tribunale Caglayan di Istanbul. ANSA/ EPA/TOLGA BOZOGLU

ISTANBUL.  – Ankara snobba le pressioni europee e continua a tenere in carcere l’attivista per i diritti umani Osman Kavala. I giudici del tribunale Caglayan di Istanbul hanno deciso che l’attivista, arrestato oltre 4 anni fa, debe rimanere in prigione nonostante la sua scarcerazione sia stata chiesta dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) già a fine 2019.

L’udienza di oggi è stata la prima dopo l’avvio di una procedura di infrazione contro la Turchia da parte del Consiglio d’Europa, a inizio febbraio, aperta proprio per non avere osservato la sentenza della Cedu.

Il provvedimento di Strasburgo era stato considerato irricevibile dalle autorità turche che lo avevano definito una “interferenza” con i compiti della magistratura, ricalcando un’espressione già utilizzata dal presidente Recep Tayyip Erdogan che considera Kavala un oppositore.

“La procedura di infrazione è un chiaro messaggio ad Ankara e non si tratta assolutamente di un’interferenza dall’estero” ha detto all’ANSA Nacho Sanchez-Amor, relatore per la Turchia al parlamento europeo oggi presente all’udienza di Istanbul come osservatore. “Quando uno Stato è membro del Consiglio d’Europa deve attenersi alle decisioni” della Corte europea dei diritti dell’uomo e “la Cedu è parte della magistratura turca perché la Turchia ha firmato dei trattati” ha detto Sanchez-Amor augurandosi che Ankara rispetti i suoi impegni.

“Su stato di diritto e diritti umani la situazione è ancora preoccupante e su questi punti saremo molto critici” ha detto il deputato europeo parlando dell’annuale rapporto dell’Ue sulla Turchia la cui pubblicazione è quest’anno in programma a maggio.

Tra i motivi che preoccupano Bruxelles non c’è solo il caso di Kavala, ha dichiarato Sanchez-Amor, ma anche quello di Selahattin Demirtas, l’ex leader del partito filocurdo Hdp, il terzo partito più rappresentato in parlamento, che è stato incarcerato per propaganda terroristica a fine 2016 e non è mai stato liberato nonostante una sentenza per la scarcerazione da parte della Cedu anche nel suo caso.

Kavala e Demirtas sono tra i volti più noti dell’opposizione a Erdogan e, sebbene tenerli in prigione abbia danneggiato le relazioni tra Turchia e l’Ue, allontanando sempre di più Ankara dalla prospettiva dell’adesione, il capo di Stato turco ha già dimostrato in più occasioni che non vuole cedere.

Kavala si trova in prigione per un presunto ruolo nel tentato golpe contro il leader turco nel 2016 ed era già stato accusato di avere finanziato le rivolte anti governative esplose a Istanbul nel 2013. Erdogan ha più volte puntato il dito con spregio contro l’attivista accusandolo essere il rappresentante in Turchia degli interessi di George Soros, provocando la chiusura nel 2018 degli uffici ad Ankara e Istanbul della Open Society, la fondazione del magnate ungherese. Il pugno duro di Erdogan contro Kavala si è visto anche recentemente, a ottobre scorso quando il presidente turco minacciò di espulsione gli ambasciatori di 10 Paesi occidentali – tra cui Usa, Francia e Germania – che avevano chiesto la scarcerazione dell’attivista nel quarto anniversario dall’arresto.

Il leader turco fece in quell’occasione un passo indietro e gli ambasciatori restarono al loro posto. I rappresentanti diplomatici di alcuni dei Paesi che chiesero il rilascio di Kavala (Usa, Germania, Olanda, Francia e Norvegia) erano oggi presenti come osservatori nell’aula gremita del tribunale di Istanbul dove i giudici hanno confermato l’arresto dell’attivista.

(di Filippo Cicciù/ANSA).

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