Gli ultimi giorni di Qurayshi, tradito da “talpa” e Dna

Foto di un palazzo dopo l'operazione dei soldati usa contro il capo dell'Isis nel nord della Siria. (ANSA)

BEIRUT.  – Tradito da una lattina di una bevanda dove erano rimaste tracce del suo Dna e da una “talpa” infiltrata nella zona dove si era rifugiato da mesi nella Siria nord-occidentale: sono alcuni dettagli emersi sul raid statunitense che ha portato all’uccisione il 3 febbraio scorso del leader dell’Isis, l’iracheno Abu Ibrahim Hashimi Qurayshi, eliminato non lontano da dove, più di due anni fa, era stato ucciso il suo predecessore, il “califfo” Abu Bakr al Baghdadi.

L’operazione militare Usa si è svolta nell’arco di poche ore ad Atme, collina coltivata a olivi lungo la frontera turco-siriana. Ma “la preparazione è stata lunga e laboriosa, curata nei minimi dettagli, durata per circa 4 mesi”, riferisce all’ANSA una fonte militare curdo-siriana, al corrente dei dettagli della vicenda ma che rimane anonima perché non autorizzata a parlare con i giornalisti.

Qurayshi viveva da almeno sei mesi al terzo e al secondo piano di una palazzina ai margini di Atme, nella regione di Idlib, fuori dal controllo di Damasco e sotto diretta influenza turca. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, il leader dell’Isis si era finto uno sfollato di etnia turcomanna proveniente dalla vicina regione di Aleppo.

Viveva con una moglie, anche se alcune fonti affermano che avesse con sé anche una seconda consorte. C’erano poi tre figli e la sorella. E almeno una guardia del corpo. Le fonti affermano che aveva perso l’uso di una gamba e che si muoveva con le stampelle.

Il comando militare americano, affermano le fonti, si è servito sia dei servizi dell’intelligence turca, in quella zona molto vicina a milizie qaidiste rivali dell’Isis, sia di spie arabe locali assoldate dalle forze curdo-siriane, alleate degli Stati Uniti e guidate dal Partito dei lavoratori curdi (Pkk), ostili ad Ankara.

Secondo i resoconti concordanti, l’intelligence turca e i suoi ascari sul terreno hanno individuato la presenza di Qurayshi e della sua famiglia nella palazzina di Atme. Ma la conferma è potuta arrivare solo dopo una triangolazione di dati relativi al Dna di quello che viene definito come “obiettivo dell’operazione”.

Il defunto leader dell’Isis era stato incarcerato nelle prigioni americane in Iraq e il suo profilo genetico, affermano le fonti, era ben noto agli Stati Uniti. Per raccogliere tracce di Dna gli Usa si sono serviti di “collaboratori” locali, assoldati dalle forze curdo-siriane, per raccogliere i sacchi di immondizie che uscivano dalla palazzina di Atme.

Le fonti raccontano che resti di cibo, lattine di bevande, brandelli di vestiti sono stati trafugati dal nord-ovest siriano verso la zona controllata dai curdi, al di là dell’Eufrate. E da lì i campioni sono stati consegnati agli americani, che hanno potuto confermare la corrispondenza dei dati sul Dna.

Gli Stati Uniti, affermano le fonti, avevano fretta di chiudere la questione. Solo pochi giorni prima si era conclusa nel nord-est della Siria una sanguinosa battaglia tra centinaia di miliziani Isis e forze curde e arabe alleate di Washington. Più di 500 persone, per lo più jihadisti, erano rimaste uccise. L’organizzazione andava decapitata.

Gli elicotteri americani sono arrivati sopra gli olivi di Atme attorno alle 1.30 del 3 febbraio. Con i megafoni e con un accento arabo “straniero”, i militari Usa hanno intimato ai civili di lasciare la palazzina.

Poi è cominciato lo scontro a fuoco, culminato con l’esplosione di un ordigno, “più potente di una cintura esplosiva”, che ha fatto crollare parte del tetto della palazzina. Sul terreno, oltre a brandelli del corpo di Qurayshi, sono rimasti resti di almeno 13 persone, tra cui quelli di 4 bambini e 3 donne. Nessuno di questi è stato ancora identificato.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed).

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