Draghi incassa la riforma delle spiagge, ma è scontro Lega-Pd

Palazzo Chigi, sede del Governo.
Palazzo Chigi, sede del Governo. (Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Il via libera, alla fine, arriva all’unanimità: Mario Draghi incassa l’attesa modifica delle concessioni balneari, tassello mancante di quella riforma della concorrenza a cui sono legati i fondi del Pnrr. Sblocco delle gare tutela degli investimenti e delle piccole realtà familiari ma anche dei consumatori, con il freno al ‘caro-ombrelloni’, non bastano però alla Lega, che ha votato le norme in Consiglio dei ministri ma un minuto dopo si dice pronta a chiedere modifiche in Parlamento. Mentre Fdi si scaglia contro quello che Giorgia Meloni definisce il primo “atto di esproprio” per 30mila imprese.

In allarme le associazioni di categoria che minacciano barricate se il testo non verrà modificato in Parlamento. La scelta di portare in Cdm la riforma delle spiagge arriva un po’ a sorpresa, mentre i partiti continuano a chiedere un intervento contro il caro-bollette. Il governo ci sta lavorando, il premier ne ha parlato anche con Enrico Letta, ricevuto a Palazzo Chigi in mattinata.

Un colloquio di un’ora, anche per fare il punto sulla situazione in Ucraina. E l’occasione per il segretario Dem di ribadire che il Pd più ci saranno fibrillazioni più si impegnerà ad essere perno di stabilità per l’esecutivo. Il modo migliore, ha detto Letta a Draghi, è dare risposte concrete, a partire dalle bollette. Quello che non serve, si innervosiscono i Dem, sono invece doppiogiochismi e ambiguità, come quelli che ha mostrato la Lega di nuovo sulle spiagge, con i ministri che danno il via libera e il partito che subito va all’attacco. Una “inammissibile doppiezza e inaffidabilità”.

Segnali di tensione in giornata non filtrano, anche se la convocazione del Cdm rimane sospesa. E fino all’ultimo i ministri restano all’oscuro del testo, due pagine fitte, che da un lato fissano per legge la fine del regime di proroga al 31 dicembre 2023 e dall’altro danno indicazioni piuttosto dettagliate sui criteri per le gare.

La ministra Mariastella Gelmini, come promesso, riunisce governatori, province e sindaci per illustrare, insieme a Massimo Garavaglia e al sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, le linee guida dell’intervento. Ma una volta in Consiglio dei ministri Stefano Patuanelli chiede più tempo per leggere il testo, che comunque va bene nel complesso perché le gare sono “formalmente” sbloccate.

La ministra di Iv Elena Bonetti chiede di valorizzare l’imprenditoria femminile e di tenere conto delle imprese che certificano la parità di genere. E lo stesso ministro del Turismo chiede alcune integrazioni, anche se già i ministri leghisti hanno ottenuto gran parte delle loro richieste, soprattutto la tutela delle aziende familiari che gestiscono da anni lidi e stabilimenti e di lì percepiscono il loro reddito principali (se ne terrà conto, nelle gare) ma anche la “clausola occupazionale”.

La riunione viene quindi sospesa per circa tre quarti d’ora, durante i quali i partiti hanno modo di valutare il testo e Garofoli insieme a Garavaglia verifica e aggiusta le norme. Draghi lascia fare ai ministri, poi riprende il Cdm e ottiene il voto favorevole di tutti i presenti. Il testo, osserva un ministro, era il miglior compromesso possibile. Non si poteva certo arrivare a una ulteriore proroga – come sperava la categoria e pure parte della Lega – anche perché incombe la procedura Ue e il rischio di una maxi-multa.

Il partito di Matteo Salvini, fa sapere il sottosegretario Gian Marco Centinaio, riconosce che sono state accolte “alcune proposte” ma il testo andrà “cambiato e migliorato” in Parlamento, insieme alle associazioni di settore e “insieme al resto del centrodestra”. Il governo “ci manda in pasto all’Europa”, si lamenta infatti Assobalneari, in linea con il partito di Giorgia Meloni che denuncia il “vergognoso regalo alle multinazionali straniere” e il rischio di “durissime conseguenze economiche e sociali.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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