‘Ndrangheta infiltrata in rete ferrovie, quindici arresti

Un fermo immagine tratto da un video della Guardia di Finanza mostra un momento di controlli degli agenti.
Un fermo immagine tratto da un video della Guardia di Finanza mostra un momento di controlli degli agenti. (Ufficio stampa Guardia di Finanza)

MILANO. – La ‘ndrangheta infiltrata “in uno dei settori strategici del Paese”, ossia “il funzionamento delle rete ferroviaria”, il sospetto coinvolgimento di colossi del settore delle costruzioni e della manutenzione delle linee con subappalti a società riconducibili ai clan, un sistema di incassi “in nero” per sostenere affiliati detenuti e le loro famiglie e operai al lavoro nei cantieri “sovente senza alcuna competenza professionale” e “in condizioni di sfruttamento”.

E’ il quadro tracciato dall’inchiesta della Dda di Milano che stamani ha portato i Nuclei di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e Varese ad arrestare 15 persone, alcune legate alle cosche Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto (Crotone), e a sequestrare oltre 6,5 milioni di euro.

Un’indagine passata per un attento vaglio del gip che ha disposto il carcere per 11, tra cui i quattro fratelli Aloisio, formalmente imprenditori ma “contigui alla ‘ndrangheta”, e i domiciliari per quattro, ma ha respinto misure cautelari richieste dalla Procura per altri venti.

Il pm Bruna Albertini, infatti, aveva chiesto i domiciliari anche per Maria Antonietta Ventura, presidente del cda del Gruppo Ventura, che si occupa di costruzioni ferroviarie, e che era stata candidata da centrosinistra e Cinque Stelle alla presidenza della Calabria e la scorsa estate si era ritirata dalla corsa. Ed era stato chiesto il carcere per Alessandro e Edoardo Rossi, ai vertici dell’omonimo gruppo, anch’esso al centro delle indagini che lavora pure in Svizzera e nel Nord Europa.

Per la Dda ci sarebbe stato “un piano ‘di spartizione’ in ‘aree di competenza’ dell’intero territorio nazionale” da parte delle imprese che prendevano gli appalti per i lavori da Rete ferroviaria italiana, che è “parte offesa”. Gruppi imprenditoriali, scrivono i pm, che “gestiscono in regime di sostanziale monopolio l’aggiudicazione delle commesse” con le loro “società (appaltanti)”, come Gcf del Gruppo Rossi e la Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie. Gli inquirenti citano pure un’intercettazione: “Ventura ha tutta la Calabria (…) Rossi ha tutto il Nord Italia”.

Le società che si aggiudicavano gli appalti, poi, scrive sempre la Dda, si rapportavano, con la formula del “distacco della manodopera”, col “gruppo Aloisio-Giardino” e “con le numerosissime società a loro riconducibili” e “intestate a prestanome”. Così gli operai delle aziende “di comodo” in odor di ‘ndrangheta, attive tra il Varesotto e Crotone, venivano messi a lavorare nei cantieri ferroviari in varie regioni per “le grandi società”.

Un meccanismo che sfruttava gli “strumenti giuridici astrattamente leciti che, secondo la prospettazione degli inquirenti – scrive il gip – vengono utilizzati per aggirare i divieti in materia di subappalto, per pagare meno imposte, per garantire alle imprese coinvolte il procacciamento di fondi extracontabili”. Fondi neri usati anche per foraggiare le famiglie di ‘ndranghetisti arrestati, per i quali erano pronti pure “falsi contratti di assunzione”. Il gip, tuttavia, mette nero su bianco di aver condiviso “solo in parte” l’impostazione dei pm.

E’ rimasta in piedi l’associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta (è caduto il caporalato, ad esempio), ma l’aggravante dell’agevolazione mafiosa è stata riconosciuta solo per cinque (esclusa per i Giardino, non arrestati). Per gli imprenditori Rossi e Ventura, che restano indagati, così come per altre posizioni, “gli attuali esiti delle indagini – scrive il gip – non consentono” di “ritenere sussistenti gravi indizi di colpevolezza della partecipazione” all’associazione dei “fratelli Aloisio”.

(di Igor Greganti/ANSA)