LONDRA. – Il Partygate e tutte le sue conseguenze sono all’origine della raffica di cinque dimissioni consegnate nelle ultime 24 ore da alcuni fra i più stretti collaboratori del premier britannico Boris Johnson, che si ritrova ora con uno stato maggiore da riformare nel momento più critico della sua carriera politica.
Come sostiene un portavoce del primo ministro conservatore, l’uscita di Dan Rosenfield, capo dello staff, quella di Martin Reynolds, responsabile della segreteria di Johnson e del responsabile media Jack Doyle, erano state concordate e fanno parte, come ha rabadito anche il ministro della Sanità Sajid Javid, dell’annunciato “repulisti” interno per liberarsi dei pezzi da novanta coinvolti nell’organizzazione delle feste “illecite” a Downing Street.
Ma non è stato così per la stratega politica Manira Mirza, stretta alleata di Johnson da lungo tempo, che invece ha lasciato (e con lei una componente della sua Policy Unit al n.10, Elena Narozanski) per protestare contro le accuse rivolte dal primo ministro al leader del Labour, Keir Starmer, per non aver perseguito, quando era a capo del Crown Prosecution Service, il defunto pedofilo seriale Jimmy Savile.
Lo scontro ripetuto fra i due era avvenuto proprio durante le sessioni alla Camera dei Comuni in cui BoJo era finito sotto il fuoco dell’opposizione dopo gli allarmanti risultati preliminari del rapporto Gray. Nel tentativo di riprendere il controllo della situazione, Johnson ha parlato al suo staff prendendo a prestito una frase dal film d’animazione ‘Il re leone’, ricordando a tutti che “i cambiamenti sono positivi” e sottolineando l’importanza e la responsabilità di occupare un ruolo al servizio dei cittadini.
Il leader Tory tenta quindi di serrare i ranghi, anche con citazioni piuttosto discutibili per il suo spessore da biógrafo di Winston Churchill, e lo deve fare anche coi suoi deputati. Ha inviato una lettera in cui si impegna a “migliorare il modo in cui Downing Street e il governo più in generale funzionano”, promettendo ulteriori aggiornamenti nei prossimi giorni. Lo scopo è quello di frenare l’aperto dissenso nei suoi confronti, nel giorno in cui il parlamentare Tory Aaron Bell, eletto per la prima volta nel 2019, si è fatto avanti per chiedere la sfiducia del primo ministro. A seconda delle fonti, si parla di 13-17 deputati che hanno manifestato la loro voglia di cambiamento al vertice.
Servono almeno 54 lettere di parlamentari al Comitato 1922, l’organismo interno del partito di maggioranza, per avviare un voto sulla fiducia al premier. Intanto si sente anche qualche scricchiolio dentro la compagine di governo. Se in apparenza il sostegno è pieno e da parte di tutti, si possono cogliere minime ma importanti sfumature rivelatrici di un certo malcontento. Il Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, dato come uno dei possibili pretendenti alla poltrona di BoJo, ha preso pubblicamente le distanze dal premier rispetto al suo attacco incauto contro il leader Labour.
(di Alessandro Carlini/ANSA).