Imprese vedono il recupero, la metà non conta sul Pnrr

Opeari al lavoro in una industria metalmeccanica.
Opeari al lavoro in una industria metalmeccanica. (ANSA)

ROMA.  – Le imprese provano a chiudere l’emergenza Covid con prospettive migliori, attività in ripresa e fatturato in recupero, e a ritrovare solidità entro giugno. Almeno nella maggior parte dei casi. Contando, innanzitutto, sulla spinta dei consumi e non tanto, secondo la metà delle imprese e per i primi sei mesi dell’anno, sul Pnrr.

Che evidentemente ha un orizzonte di sviluppo “più lontano”. A indicare la situazione e le prospettive delle imprese dopo l’emergenza Covid-19 è un’indagine dell’Istat.

Per ora, intanto, la gran parte, oltre l’80% prevede di trovarsi in una situazione di completa o parziale solidità entro la prima metà del 2022. Poco più del 3% si giudica, invece, gravemente a rischio: il rischio è anche quello di non riaprire, soprattutto tra i settori più colpiti nella crisi pandemica, dal turismo alle discoteche fino alla ristorazione. Emergono anche segnali positivi sulle assunzioni, meno sulla ricerca delle professionalità adeguate.

Oltre il 9% delle imprese ha aumentato il personale nella seconda metà del 2021, mentre un altro 12% sta assumendo. Ma tra queste quasi i due terzi, infatti, segnalano difficoltà a reperire nel mercato del lavoro le competenze necessarie: tra i profili più difficili da trovare, operatori nella logistica e nella produzione e figure tecnico-ingegneristiche.

Le misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono viste come un fattore di sostegno da una parte importante ma non prevalente delle imprese, almeno sull’orizzonte temporale del primo semestre del 2022: per circa la metà delle imprese hanno “nessuna” rilevanza come fattore di sostegno e di traino dell’attività, emerge dall’indagine che guarda in particolare ai capitoli del Pnrr su “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, “rivoluzione verde e transizione ecológica” e “infrastrutture e mobilità sostenibili”.

Gli ultimi due capitoli “hanno evidentemente un orizzonte di sviluppo più lontano”, evidenzia lo stesso report. Il fattore di sostegno che, invece, segnalano con maggiore frequenza è la ripresa della domanda interna. L’ambiente si piazza, comunque, tra gli obiettivi da perseguire. Nel corso dell’anno, sei imprese su dieci intendono privilegiare gli investimenti in capitale umano e formazione; circa la metà quelli sulla sostenibilità ambientale.

Resta aperta la partita sullo smart working, meno utilizzato nella seconda parte del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020 (anno in cui sulla scia di lockdown e maggiori restrizioni Covid ha toccato il picco), ma ancora diffuso soprattutto nei servizi e nelle imprese più grandi. Nella seconda metà dell’anno scorso vi ha fatto ricorso il 6,6% delle imprese, a fronte dell’11,3% registrato a fine 2020 (con punte di oltre il 20% tra marzo e maggio 2020). Migliora, intanto, la percezione sull’utilizzo del lavoro a distanza.

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