Clima minaccia Pil: su infrastrutture 5miliardi danni anno

Un treno alla stazione di Genova. ANSA/LUCA ZENNARO

ROMA.  – Le infrastrutture italiane rischiano di pagare caro l’impatto dei cambiamenti climatici. É proprio per questo settore infatti che si prevedono i danni più ingenti, con un impatto economico diretto che è stimato crescere entro il 2050 fino a oltre 5 miliardi di euro l’anno.

Ma a rischiare è l’intera economia, con una perdita sul Pil al 2050 che potrebbe arrivare al -3,7% nello scenario peggiore. E’ quanto emerge da un rapporto del Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili che rende ancora più evidente l’urgenza di politiche che abbiano come stella polare della sostenibilità.

“Il cambio di paradigma verso uno sviluppo sostenibile non è più rinviabile, così come un forte investimento per rendere resilienti al cambiamento climatico le infrastrutture e i sistemi di mobilità del nostro Paese”, sottolinea il ministro Enrico Giovannini presentando due rapporti realizzati dalle Commissioni di studio ad hoc istituite ad aprile 2020, il primo appunto su “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità”, e il secondo su “Investire in infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità”.

Studi che “mostrano non solo i rischi che corre l’Italia a causa della crisi climatica, ma anche le opportunità esistenti per operare, insieme al settore privato, scelte in grado di mitigarne gli effetti sui sistemi ferroviari, idrici, stradali, portuali, urbani da cui dipende il nostro sistema socioeconomico, adattandoli alle nuove condizioni climatiche e beneficiando delle nuove tecnologie”, spiega Giovannini.

In particolare, proprio infrastrutture e mobilità, che sono una delle cause più importanti del cambiamento climatico (il sistema di trasporto di persone e merci in Italia è responsabile per circa il 25% del totale delle emissioni con effetto serra),   sono anche quelle che avranno i danni più ingenti. Ma il danno complessivo, diretto e indiretto, in assenza di misure, raggiungerebbe 0,33%-0,55% del Pil al 2050, spiega Carlo Carraro, coordinatore della Commissione sui cambiamenti climatici.

E se il cambiamento climatico è destinato a pesare sull’economia anche nello scenario migliore (con un aumento della temperatura inferiore a 2°C), in quello peggiore (+4,4°C) si stima una perdita per il Pil 2050 tra -2,5% e -3,7%.

La transizione ecologica, tuttavia, farebbe guadagnare all’Italia dallo 0,5% al 2,3% del Pil già entro il 2050 in termini di danni evitati.

I prossimi 10 anni dunque, grazie al Pnrr ma non solo, saranno “decisivi per mettere in sicurezza il paese”, osserva Giovannini: e visto che la finanza pubblica non può fare tutto da sola, sarà necessario “mobilitare anche il sistema privato”, avviando nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato.

Il ricorso al partenariato pubblico privato (Ppp) nel nostro paese resta poco diffuso, evidenzia il rapporto, che suggerisce quindi “soluzioni di sistema” che portino alla creazione di un ambiente più ‘investor friendly’. C’è poi il nodo delle garanzie. Per sostenere gli investimenti del Pnrr si stima che i general contractor “necessitino di linee di credito per firma aggiuntive pari a circa 10-20 mld nei prossimi 5 anni”, calcola la commissione coordinata da Fabio Pammolli, che propone per questo la creazione di un pool paritetico costituito da Sace, Cdp, Istituzioni finanziarie e  Assicurazioni.

(di Enrica Piovan/ANSA)

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