L’Ue contro la Cina al Wto: “Discrimina la Lituania”

Il logo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. (WTO per la sigla in inglerse).
Il logo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. (WTO per la sigla in inglerse).

BRUXELLES.  – Falliti i tentativi di ricucire lo strappo, l’Unione europea trascina davanti all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) la Cina per le “politiche commerciali discriminatorie” contro la Lituania.

Vittima ormai da mesi di un’intimidazione economica da parte di Pechino che non ha lasciato alternative a Bruxelles. La decisione, netta, approfondisce uno scontro che, dagli investimenti ai diritti umani, appare ormai sempre più totale.

Il tutto a una settimana esatta dall’inizio dai Giochi olimpici invernali di Pechino, già teatro del boicottaggio diplomatico deciso da Usa, Gran Bretagna, Australia e Canada per denunciare il trattamento riservato agli uiguri e alle minoranze musulmane nello Xinjiang.

“L’avvio di un caso al Wto non è un passo che prendiamo alla leggera” ma, alla fine, non c’è stata “altra strada da percorrere”, ha ammesso il capo del commercio Ue, Valdis Dombrovskis. Consapevole che il blocco delle importazioni delle merci provenienti dal Paese baltico va avanti ormai da due mesi.

Vale a dire da quando, a novembre scorso, Taiwan ha aperto una sede di rappresentanza a Vilnus. Mossa del tutto inaccettabile per la Cina, che ha dato il via a una guerra diplomatica e commerciale sempre più profonda. Prima di decidere di ricorrere ai rimedi estremi, Bruxelles ha cercato di appianare la questione a tu per tu con Pechino, ma i tentativi bilaterali “sono falliti”.

E allora palazzo Berlaymont ha inviato a Ginevra un dossier con le prove che Pechino rifiuta di sdoganare le merci per le domande di importazione provenienti dal Paese baltico e fa anche pressione sulle società attive in altri Stati membri come Germania, Finlandia e Svezia, affinché rimuovano gli input lituani dalle loro catene di approvvigionamento quando esportano in Cina.

Accuse di coercizione che “confondono il nero con il bianco”, ha attaccato il Dragone, ritenendole “senza fondamento e inconsistenti”. “La questione è politica, non economica”, ha puntualizzato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, esortando la Lituania a “correggere i suoi errori e a non essere una pedina delle forze anti-cinesi e a favore dell’indipendenza di Taiwan”.

Ma la posizione dell’Ue resta ferma: la relazione con la Cina, per quanto importante, “richiede rispetto reciproco”, ha osservato Dombrovskis, segnalando una ritrovata compattezza con gli Stati Uniti.

A dimostrarlo – proprio nel giorno in cui la stessa Wto ha autorizzato Pechino a imporre dazi per un valore di 645 milioni di dollari sull’import americano – anche i mancati progressi sul storico accordo Ue-Cina sugli investimenti, siglato sul finire del 2020 sotto la guida dell’ex cancelliera tedesca Angela Merkel e messo ormai in standby a tempo indeterminato dopo il botta e risposta di sanzioni sui diritti umani. E che il clima sia cambiato lo mostra anche la neo ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che nelle settimane scorse ha dichiarato che non sarà ai Giochi di Pechino “per decisione personale”.

“Si tratta di scelte che spettano agli Stati membri”, si è limitato a dire Dombrovksis. Intanto, però, anche serviranno anni prima il Wto si pronunci sulla disputa, l’Ue intende approvare una proposta di legge per arrogarsi nuovi poteri contro le minacce straniere per l’economia e le imprese europee. Con un chiaro bersaglio.

(di Valentina Brini/ANSA).