LONDRA. – Si è aperta una settimana di fuoco per il premier britannico Boris Johnson, già azzoppato da scandali e perdita di credibilità, e ora come non mai di fronte a una resa dei conti cruciale per il suo futuro politico.
Si attende a giorni il rapporto sull’inchiesta partygate che, come emerge dalle rivelazioni della stampa, potrebbe già aver raccolto prove potenzialmente “schiaccianti” sulla compagine di governo.
Non solo, si è aggiunta un’altra indagine interna, in questo caso riguardante le accuse avanzate dalla parlamentare Tory, Nusrat Ghani, che ha denunciato di essere stata esclusa dall’esecutivo due anni fa solo per il fatto di essere “una donna musulmana”.
Il primo ministro conservatore non può far altro che mantenere la calma nel momento più difficile. Parlando ai giornalisti ha affermato di “prendere molto sul serio” le due inchieste in corso. Si è detto anche molto “soddisfatto” del fatto che si faccia finalmente luce sul caso della deputata silurata dall’incarico di sottosegretaria ai Trasporti che occupava fino al 2020. Alla domanda se il capogruppo Tory alla Camera dei Comuni, Mark Spencer, accusato direttamente da Ghani, rimarrà in carica mentre si svolge l’accertamento, il primo ministro ha rifiutato di rispondere direttamente.
“Dobbiamo aspettare e vedere cosa produce l’inchiesta”, ha sottolineato il premier. Lo ripete come una sorta di mantra anche per il rapporto sul partygate in arrivo dopo il lavoro svolto dall’alta funzionaria Sue Gray. Le rivelazioni fatte dal Daily Telegraph suonano allarmanti.
A rappresentare un possibile problema rispetto alla posizione tenuta da Johnson nel corso dello scandalo e alla sua versione data pubblicamente ci sono le testimonianze raccolte dagli agenti di polizia in servizio a Downing Street.
Per il quotidiano filo-Tory, da loro sarebbero arrivati particolari molti insidiosi per il capo del governo rispetto ai party che si sono tenuti al n.10 nel 2020 in presunta violazione delle restrizioni anti-Covid.
I problemi per il primo ministro non finiscono qui, perché proprio oggi ha reso a Gray la sua testimonianza (in forma scritta) Dominic Cummings, l’ex guru e braccio destro di Johnson, trasformatosi dopo la sua cacciata in un acérrimo nemico pronto ad assestare il colpo di grazia al suo vecchio boss dopo aver rivelato una serie di dettagli velenosi sulle feste incriminate. Sono anche emersi dubbi sull’effettiva trasparenza dell’inchiesta, in quanto proprio il premier potrebbe avere una certa discrezionalità nel decidere cosa debba essere pubblicato nel rapporto conclusivo.
Secondo Cummings, alcuni collaboratori di Johnson non avrebbero consegnato le prove in loro possesso sulle feste vietate, incluse fotografie, per timore che le veda il primo ministro. Col rischio che comunque quelle informazioni continuino a trapelare anche una volta conclusa l’inchiesta. Ancor di più se si considera che BoJo starebbe per mettere in atto un’epurazione degli stretti collaboratori coinvolti nella vicenda, a partire dal capo della sua segreteria Martin Reynolds.
Infine, come se per il premier non bastassero i guai, il maggiore finanziatore dei Tory, l’uomo d’affari britannico di origine (ex) sovietica Alexander Viktorovich Temerko, attivo nel settore energetico, minaccia un’azione legale contro il governo per aver bloccato il progetto da 1,2 miliardi di sterline con cui la società Aquind (da lui diretta) puntava a realizzare un cavo elettrico sottomarino tra l’Inghilterra e la Normandia.
(di Alessandro Carlini/ANSA).