La vita dell’ultimo cristiano di Idlib

Siria, Knaye, chiesa san Giuseppe, senza croci e campane (Foto Sir)

BEIRUT.  – Ha 90 anni l’ultimo siriano di fede cristiana che abita ancora a Idlib, roccaforte del qaidismo nel nord-ovest della Siria martoriata da più di dieci anni di guerra intestina e regionale.

Si chiama Michel Butros, è ortodosso, nato nel 1931 e non ha mai lasciato la sua casa, nonostante a Idlib e dintorni i cristiani siano tutti fuggiti altrove, per lo più all’estero.

La regione nord-occidentale siriana confina con i territorio turchi su due lati settentrionale e occidentale e sugli altri due orientale e meridionale con la zona di Aleppo e Hama, entrambe in mano alle forze governative sostenute dalla Russia e dall’Iran.

Da più di sei anni la città di Idlib è però saldamente in mano a milizie che seguono una visione radicale dell’Islam sunnita e che amministrano la zona col placet della Turchia, attore dominante nell’area.

Ben prima dello scoppio delle violenze armate nel 2011 Idlib era comunque nota per essere la roccaforte del conservatorismo religioso a maggioranza sunnita.

Nonostante questo, dentro e fuori la città vivevano anche altre comunità come sciiti, drusi, cristiani ortodossi. Una varietà comunitaria spazzata via dalla guerra.

Fino al 2012 si contavano in tutta la regione di Idlib circa 10mila cristiani. Oggi rimangono in 200, per lo più con un’età superiore ai 70 anni. Si contano sulle dita di due mani i cristiani con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, scrive al-Monitor, il portale di notiziea cui l’anziano Butros ha confidato i suoi ricordi.

“Non ho figli e non sono sposato”, afferma l’anziano signore che vive in una casa decorata con croci e immagini religiose in una città dove le chiese sono chiuse perché non ci sono più fedeli. “Io prego a casa mia”, afferma Butros.

Nella sua abitazione non ha elettricità, un bene sempre più di lusso nella Siria martoriata dagli effetti del conflitto armato e stretta da tre anni dalla sua peggiore crisi finanziaria.

“Non mi lamento”, afferma. “Certo non vivo nel lusso, ma ogni giorno riesco a cucinarmi un pasto e a fare la doccia da solo. Per illuminare la casa uso il mazot”, il combustibile oleoso adoperato per le stufe e le vecchie lampade. “Iddio si prende cura di me mentre sono qui a casa mia” dice l’anziano siriano.

Butros è stato testimone diretto della guerra. “Abbiamo assistito a battaglie e a ogni tipo di sciagura, ma non ho mai lasciato Idlib, nemmeno durante gli scontri tra il regime e le opposizioni nel 2015. Il mio quartiere è stato preso di mira da bombe a grappolo, missili, armamenti di ogni tipo. Non sono mai scappato”.

L’anziano siriano è convinto che Idlib non tornerà com’era prima della guerra. Indietro non si torna, afferma. E riguardo al rapporto che ha con i suoi gli abitanti della zona, per lo più musulmani, risponde senza mettere etichette religiose: “A Idlib ci sono persone buone e cattive… e visto che frequento solo persone buone, mi ritrovo circondato da chi mi tratta bene e mi ama”.

“Se dovessi aver bisogno di qualcosa, sono queste persone che condividerebbero con me il loro cibo e le loro bevande e che mi offrirebbero il loro aiuto. Con me non si risparmiano mai. Soprattutto i musulmani”.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAMed)