Mezzo milione di lavoratori digitali, non solo rider

Un giovane al lavoro da casa davanti un computer
Un giovane davanti un computer svolge un lavoro da casa. EPA/ERIK S. LESSER

ROMA. – Sono oltre 570mila le persone in Italia che lavorano su una piattaforma digitale: il dato emerge dall’indagine dell’Inapp “Lavoro virtuale nel mondo reale” che chiarisce come i rider per la consegna dei pasti siano poco più di un terzo del totale (il 36,2%) e i fattorini che consegnano i pacchi il 14%.

Il resto dei platform workers svolgono vari lavori on line che vanno dalle traduzioni ai programmi informatici e quindi non necessariamente “location based”. Per tre quarti si tratta di uomini. Sette su dieci hanno un’età compresa tra 30 e 49 anni, con i giovani tra 18 e 29 anni concentrati soprattutto nella categoria dei lavoratori occasionali.

Per quasi la metà dei lavoratori su piattaforma (circa il 48%, ovvero 274mila persone) questo lavoro costituisce però la propria attività principale e per l’80,3% degli intervistati si tratta di una fonte di sostegno importante o addirittura essenziale. Lo studio, che arriva a pochi giorni dalla presentazione della proposta di direttiva della Commissione europea per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle piattaforme, secondo l’Inapp, “sfata i miti della sharing economy” sottolineando che “le piattaforme digitali richiamano sempre più forme di lavoro rigidamente controllate (nei tempi e nei modi), pagate spesso a cottimo (50,4% dei casi) e il cui guadagno risulta fondamentale per chi lo esercita”.  Oltre il 31% delle persone coinvolte non ha un contratto scritto e solo l’11% ha un contratto di lavoro dipendente.

“L’adozione della direttiva può rappresentare un importante punto di riferimento sovranazionale per regolamentare e tutelare il lavoro”, afferma Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, garantendo alcuni diritti fondamentali “finora negati” tra cui salario minimo, orario di lavoro, sicurezza e salute sul lavoro, forme di assicurazione e protezione sociale.

Sono invece lavoratori di tutti i tipi quelli che le aziende si propongono di assumere sulla scia della ripresa in questo inizio di 2022. Secondo l’ultima indagine di Unioncamere e Anpal, le imprese hanno programmato poco meno di 458mila contratti di lavoro a gennaio, cifra che salirà a circa 1,2 milioni nel trimestre gennaio-marzo con un incremento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, rispettivamente di 112mila su gennaio 2021 e +265mila in confronto al trimestre gennaio-marzo 2021.

Positivo anche il confronto rispetto a dicembre 2021, con 104mila contratti in più (+29,4%), per tutti i settori economici tranne che per il turismo dove pesano le crescenti incertezze legate all’andamento dell’epidemia. Le figure più difficili da reperire sono tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (68,1%), ma anche attrezzisti, operai e artigiani.