Troppi estremisti tra i militari, stretta del Pentagono

L'irruzione al Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Nella foto Jacob Anthony Chansley Angeli, lo "sciamano".
L'irruzione al Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Nella foto Jacob Anthony Chansley Angeli, lo "sciamano". ANSA/EPA

WASHINGTON.  – Il Pentagono dichiara guerra agli estremismi tra i ranghi delle forze armate. Anche mettere un like su un post che propaganda teorie radicali, razziste o complottiste potrà diventare d’ora in poi un serio problema per un soldato americano, con azioni disciplinari immediate.

La linea dura è dettata dai dati dell’ultimo anno. Cifre che mostrano una crescita esponenziale nel numero dei militari che sui social media manifestano simpatie soprattutto per la teorie suprematiste e dell’estrema destra o che partecipano direttamente ad attività di gruppi radicali e al limite dell’eversione.

Il campanello d’allarme ha cominciato a suonare dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso, che ha visto coinvolti anche decine di militari e riservisti. Almeno cinque di loro – un Marine, due uomini della Guardia Nazionale e due della Us Army Reserve – sono stati incriminati per i fatti sanguinosi di quel giorno. L’indagine ordinata dal segretario alla Difesa Lloyd Austin ha quindi portato a risultati inquietanti: i dati ufficiali indicano come i casi di militari che hanno violato le regole siano raddoppiati nell’ultimo anno, almeno 100 dall’inizio del 2021, spingendo l’amministrazione Biden a correre ai ripari. Anche perché dal 1990 tra le fila delle forze armate Usa e dei veterani si contano ormai 458 reati legati all’estremismo.

E a preoccupare è più quello di destra legato a gruppi nazionalisti e suprematisti come gli Oath Keepers, i Three Percenters, i Proud Boys, i Patriot Preyers, o i complottisti alla QAnon, spesso osannati dall’ex presidente Donald Trump. Realtà che al momento negli Usa rappresenterebbero un rischio maggiore rispetto al radicalismo della sinistra, vedi gli Antifa, o a quello jihadista.

Le nuove linee guida del Pentagono, in via di elaborazione, saranno dunque molto più severe. Ma, ha spiegato il portavoce John Kirby, non vieteranno esplicitamente l’adesione a singoli gruppi e non prenderanno di mira ideologie specifiche.

Punteranno piuttosto a rafforzare la vigilanza su qualunque tipo di comportamento che desti sospetto e preoccupazione, anche attraverso la denuncia di colleghi. “Fare una lista nera delle organizzazioni vietate avrebbe poco senso – ha spiegato Kirby – perché questi gruppi cambiano e si trasformano di continuo. E una black list in questo caso avrebbe valore solo il giorno della sua pubblicazione”.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).