Hong Kong in mano ai patrioti. G7-Ue: “Erosa democracia”

Un manifestante sventola un manifesto contro la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam. Immagine dárchivio

PECHINO.  – Hong Kong finisce nelle mani dei “patrioti”, grazie agli 89 seggi su 90 conquistati dal fronte pro-Cina nel nuovo parlamentino locale, il Consiglio legislativo, frutto del nuovo sistema elettorale blindato che ha estromesso i partiti pro-democrazia, riservando l’unica sorpresa del moderato Tik Chi-yuen del Third Side Party, vincitore in uno dei 20 collegi assegnati a suffragio universale.

L’esito della tornata elettorale di domenica, tenuta nello stesso giorno della firma di 37 anni fa della dichiarazione sino-britannica che spianò la strada al ritorno di Hong Kong alla Cina, è stato duramente criticato dai ministri degli Esteri del G7 di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, dall’Alto rappresentante dell’Ue, da  Australia e Nuova Zelanda che hanno espresso “grave preoccupazione  per l’erosione degli elementi democratici del sistema elettorale”. E sottolineato il crollo dell’affluenza al 30,2%, al punto più basso di partecipazione dal ritorno della città sotto la sovranità cinese nel 1997.

La Cina ha annientato l’opposizione dopo le proteste antigovernative e pro-democrazia, spesso violente, del 2019. Pechino ha allora imposto a giugno 2020 la legge sulla sicurezza nazionale e poi la di riforma del sistema elettorale che stronca il dissenso a favore della comprovata lealtà dei candidati in modo da affidare la gestione della città soltanto ai “patrioti”.

La tornata elettorale si è svolta mentre molti attivisti pro-democrazia sono in carcere o sotto processo, oppure sono scappati all’estero. Nel nuovo Consiglio legislativo, oltre ai 20 seggi eletti a suffragio universale (in precedenza erano 35), 30 sono stati scelti dalle corporazioni di orientamento pro-Pechino e 40 come diretta espressione della Commissione elettorale, l’organo pro-establishment di quasi 1.500 persone che elegge il capo esecutivo della città.

L’attuale leader, la governatrice Carrie Lam, ha minimizzato la bassa affluenza, parlando di una “bella campagna elettorale” da parte dei candidati, aggiungendo di ritenere che Hong Kong sia “tornata sulla strada giusta” del modello “un Paese due sistemi”, con cui Pechino regola il rapporto con l’ex colonia, ma che è adesso considerato ampiamente deteriorato a livello internazionale.

A Pechino, invece, il governo ha emesso il libro bianco sulla Democrazia a Hong Kong, lodando l’arrivo dei “patrioti” che porterà la città “verso un nuovo ordine” facendola diventare “più armoniosa”. Lam, intanto, è volata nella capitale dove mercoledì dovrebbe incontrare il presidente Xi Jinping, mentre è incerto il nodo del rinnovo del mandato che scadrà nell’estate del 2022.

(di Antonio Fatiguso/ANSA).