Il covid colpisce le culle, 12.500 nati in meno nel 2021

Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. Nascite
Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. FRANCO SILVI / ANSA / PAL

ROMA. – Continua anche nel 2021 l’effetto dirompente del Covid sulle culle: nei primi nove mesi dell’anno le nascite sono già 12 mila e 500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2020, un calo pari a quasi il doppio di quello osservato negli stessi mesi dell’anno precedente. Al minimo storico anche la fecondità delle donne italiane: hanno una media di 1,17 figli a testa, il dato più basso di sempre. Così un nuovo rapporto dell’Istat.

Entro la fine di quest’anno, prevede il presidente dell’Istituto Giancarlo Blangiardo, gli abitanti del Paese scenderanno sotto i 59 milioni e “a metà del secolo in corso i morti saranno più del doppio dei nati”. Nel 2020 sono stati 404.892 i nati in Italia, circa 15 mila in meno rispetto al 2019 (-3,6%), con un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità. Dal 2008 le nascite sono diminuite di 171.767 unità (-29,8%).

Il calo è attribuibile per la quasi totalità alle nascite da genitori entrambi italiani (316.547 nel 2020, oltre 163 mila in meno rispetto al 2008). Il fenomeno è in parte dovuto, secondo l’Istat, al fatto che sono sempre di meno le donne in età feconda: da un lato le cosiddette baby-boomers (nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti. Queste ultime scontano, infatti, l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

A partire dagli anni duemila l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane, ha parzialmente contenuto gli effetti negativi; tuttavia, l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche la popolazione straniera residente.

A diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio: 259.823 nel 2020, quasi 20 mila in meno rispetto al 2019, 204 mila in meno nel confronto con il 2008 (-44%). E la denatalità prosegue nel 2021, con una forte diminuzione nei dati dei primi nove mesi “da mettere in relazione – secondo l’istituto – al dispiegarsi degli effetti negativi innescati dall’epidemia da Covid-19, che nel solo mese di gennaio 2021 ha fatto registrare il maggiore calo di sempre (quasi 5.000 nati in meno, -13,6%)”.

Segno positivo per le nascite fuori del matrimonio, che aumentano di oltre 32 mila unità rispetto al 2008, raggiungendo quota 145.069 nel 2020 (quasi 5 mila in più solo nell’ultimo anno). Il loro peso relativo continua a crescere (35,8% nel 2020). L’aumento della quota dei nati fuori dal matrimonio nell’ultimo anno (+2,4%), superiore alla media degli ultimi dieci anni, può essere messo in relazione al dimezzarsi dei matrimoni tra il 2019 e il 2020. Le restrizioni imposte dal Covid e, in generale, il clima di crisi e fragilità, possono aver portato alcune coppie a rimandare il matrimonio a tempi migliori.

E continua a crescere l’età in cui le donne diventano madri. Rispetto al 1995, nel 2020 è aumentata di oltre due anni, raggiungendo i 32,2 anni; in misura ancora più marcata cresce anche l’età media alla nascita del primo figlio, che si attesta a 31,4 anni nel 2020 (oltre 3 anni in più rispetto al 1995). Rispetto al 1995, i tassi di fecondità sono cresciuti nelle età superiori a 30 anni mentre continuano a diminuire tra le donne più giovani.

Stabili, poi, i nomi in vetta alla classifica dei più scelti dello scorso anno: vincono Sofia e Leonardo. Tra i maschi sul podio ci sono anche Francesco e Alessandro, Giulia e Aurora tra le femmine.

(di Massimo Nesticò/ANSA)

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