Sindacati da Draghi sulle pensioni, ma dopo lo sciopero

I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini (S), Luigi Sbarra (C) e Pierpaolo Bombardieri.
I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini (S), Luigi Sbarra (C) e Pierpaolo Bombardieri. Archivio. (ANSA)

ROMA.  – Il governo chiama i sindacati, ma per un faccia a faccia solo sulle pensioni e che si terrà solo dopo lo sciopero generale del 16 dicembre. L’appuntamento è fissato per lunedì 20, non quindi con lo scopo di scongiurare lo stop proclamato da Cgil e Uil e nemmeno di modificare i piani sulla manovra. A guidare i lavori sarà però direttamente Mario Draghi e quello che sembrava inizialmente dover essere un tavolo al ministero del Lavoro si terrà invece a Palazzo Chigi.

Fino all’ultimo anche oggi i sindacati si sono detti disposti al confronto, puntando esplicitamente a essere convocati. “Stiamo chiedendo al Governo che ci ascolti e riapra la trattativa con tutti. Ad oggi il governo con noi, che rappresentiamo il mondo del lavoro, una trattativa non l’ha ancora fatta”, ha insistito ancora una volta Maurizio Landini.

Le ragioni dello sciopero restano, ma il leader della Cgil, così come quello della Uil Pierpaolo Bombardieri, hanno lasciato uno spiraglio aperto, purché il governo si mostri disposto a rivedere i punti chiave della legge di bilancio, a partire dal varo di una riforma fiscale “vera”. Un punto su cui però Palazzo Chigi non sembra disposto a concedere troppi spazi. Un incontro ci sarà, ma il tema ufficialmente sarà quello previdenziale. E tutto si svolgerà a cose fatte: dopo lo sciopero e dopo la presentazione al Senato dell’emendamento del governo sul fisco.

Quello sindacale non è però l’unico fronte aperto nell’iter della legge di bilancio. La manovra sembra al momento congelata a Palazzo Madama proprio in attesa dei testi dell’esecutivo, non più un unico emendamento ma più di uno: sull’Irpef e l’Irap, sulla decontribuzione, sulla scuola, sulla ristrutturazione del debito degli enti locali e soprattutto sulle bollette. Sul tema il pressing dei partiti non si allenta. Matteo Salvini da una parte e Giuseppe Conte dall’altra – dopo essere stato ricevuto da Draghi – hanno continuato a chiedere a spron battuto uno sforzo in più a tutela soprattutto delle imprese.

Al momento sul piatto ci sono i 3,8 miliardi complessivi raccolti dal governo, ma il leader della Lega guarda al reddito di cittadinanza come fonte a cui attingere per moltiplicarli. Una delle ipotesi sul tavolo è invece quella di ricalcare il passato decreto bollette intervenendo ancora sull’Iva. Il taglio sarebbe in questo caso coperto dagli incrementi dell’imposta stessa, legati proporzionalmente all’aumento del costo dell’energia.

Forza Italia esulta per l’apertura del governo su “una congrua” dilazione dei pagamenti delle prossime cartelle in arrivo, quelle notificate a partire dal 1 gennaio 2022, ma al Parlamento restano ancora da trovare le soluzioni sul Superbonus, sulla ricostruzione post-terremoto, sulla proroga dell’esenzione dei canoni per i tavolini all’aperto, e sull’Ape social, con l’inclusione degli edili e probabilmente di altre categorie, come quella dei ceramisti, fra i mestieri usuranti.

La dote rimane quella iniziale, 600 milioni, le risorse in più emerse con il decreto sugli anticipi della scorsa settimana saranno sfruttate invece direttamente dal governo nei suoi emendamenti.

Ultima gatta da pelare tutt’altro che indifferente, quella delle delocalizzazioni. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando e la viceministra dello Sviluppo Alessandra Todde vorrebbero intervenire il più presto possibile, ma Confindustria è tornata all’attacco. L’intervento è “fortemente e ideológicamente anti-impresa. Si continua a guardare il dito e non la luna”, ha affermato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ingaggiando un botta e risposta con Todde, pronta ad aprire un confronto con gli industriali.

(di Mila Onder/ANSA).

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