La Cina sanziona i vertici di Taiwan: “Secessionisti”

Il presidente diTaiwan Tsai Ing-wen (D) a colloquio con il il capo delegazione Raphael Glucksmann (S&d), della commissione speciale per le ingerenze straniere del Parlamento europeo (Inge). ANSA/ EPA/TAIWAN PRESIDENTIAL OFFICE

PECHINO.  – La Cina alza il tiro verso gli “irriducibili dell’indipendentismo” di Taiwan, sanzionando il premier Su Tseng-chang, il ministro degli Esteri Joseph Wu e il presidente del Parlamento You Shyi-kun dell’isola ribelle, tutti perseguibili per la loro “responsabilità penale a vita”.

Nei loro confronti, e a carico delle loro famiglie, è stato disposto il divieto di ingresso “nella Cina continentale e nelle regioni speciali di Hong Kong e Macao”, nonché il bando alla “cooperazione commerciale con la Cina attraverso gli istituti a loro associati”.

Nell’elenco non è incluso il nome della presidente Tsai Ing-wen, definita da Pechino “la leader della regione”, che insieme con i tre politici sanzionati ha incontrato la delegazione del Parlamento Ue che proprio oggi ha completato la sua missione ufficiale di tre giorni sull’isola.

“La nostra visita mostra quanto Taiwan sia importante per la discussione e l’agenda europea. Incarnate libertà e democrazia: la democracia più vivida nella regione. E siamo venuti per portare il messaggio che Taiwan non è sola. La vostra democrazia è cruciale per i principi Ue ma anche per gli interessi europei a lungo termine”, ha affermato il capo delegazione francese Raphael Glucksmann (S&d), presidente della commissione speciale per le ingerenze straniere del Parlamento europeo (Inge) e già destinatario di sanzioni cinesi nei mesi scorsi.

“Tra la democrazia e i regimi autoritari, l’Ue deve sapere da che parte stare”, ha affermato da parte sua l’eurodeputato Marco Dreosto (Lega), unico italiano in delegazione.

La missione è stata fortemente osteggiata da Pechino, che potrebbe prendere contromisure, vedendo nell’allargamento dei rapporti di Taipei – da ultimi Lituania, Repubblica Ceca e Slovacchia – una sfida alle sue mire sull’isola, considerata parte “inalienabile” del suo territorio da riunificare anche con l’uso della forza, se necessario, come ha detto anche il presidente Xi Jinping.

I “secessionisti irriducibili”, nella nuova categoria coniata da Pechino, sono coloro che hanno “cercato di istigare il confronto attraverso lo Stretto di Taiwan, attaccato e calunniato maliziosamente la terraferma, cercato l’indipendenza con parole e azioni in collusione con forze esterne per dividere il Paese, e minato gravemente le relazioni bilaterali, mettendo in pericolo lo Stretto di Taiwan.

“Avvertiamo gli irriducibili – si legge nella nota diffusa dall’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo cinese – che coloro che dimenticano i loro antenati, tradiscono la madrepatria e dividono il Paese non finiranno mai bene e saranno messi da parte dal popolo e giudicati dalla storia”.

Secondo quali basi normative la Cina ha sanzionato i “secessionisti”? Henry Gao, professore associato di diritto alla Singapore Management University, ha fornito un’interessante risposta: le misure sembrano “prese quasi alla lettera dall’articolo 6 della legge anti-sanzioni varata a giugno”.

Se così fosse, ha scritto Gao su Twitter, ci sarebbe “un altro grande problema”: l’articolo 3 chiarisce che la sua applicazione è possibile solo nei confronti di Paesi stranieri, e “quindi l’unica conclusione logica è ammettere che la Cina stia trattando Taiwan come un Paese straniero, secondo le proprie leggi”. Il corto circuito è completo.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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