Ricavi imprese imprese battono Covid, piú 8% quest’anno

Un operaio italiano
Un operaio al lavoro in una industria italiana.

MILANO.  – Il tessuto produttivo delle grandi imprese italiane sta già mettendo alle spalle gli effetti della pandemia Covid. Lo attesta la ricerca dell’Area Studi Mediobanca sulle 3.437 principali società della penisola: nel 2020 l’insieme delle imprese industriali e dei servizi ha accusato un calo del fatturato dell’11,7% ma per quest’anno piazzetta Cuccia stima un incremento di circa l’8%, con un ulteriore aumento del 6,5% nel 2022.

“Oltre alle potenzialità del Pnrr che darà la possibilità di creare un’economia ‘green’, digitalizzata e più produttiva, si prevede che il settore manifatturiero possa beneficiare della ripresa della domanda delle esportazioni nei mercati chiave”, afferma la ricerca basata come sempre sui bilanci delle società, con il comparto informatico visto tra quelli trainanti.

L’Area Studi di Mediobanca conferma così che “il Pil italiano quest’anno e il prossimo dovrebbe crescere più della media dell’area euro (+5,8% nel 2021 e +4,2% nel 2022), con previsioni più basse di quelle del governo, che parla ora di un livello sopra il 6%, e comunque caratterizzate da un elevato grado di incertezza, poiché dipendono dall’evoluzione della pandemia, dal piano vaccinale e dalla capacità di impiegare efficacemente le risorse del Pnrr” mentre “incombono le tensioni sui prezzi di energia, gas e petrolio e il rialzo dei prezzi delle materie prime dovuto alla loro scarsa disponibilità”, specifica piazzetta Cuccia, secondo la quale a mancare sono soprattutto “legname, plastica, ferro, acciaio, rame, stagno, alluminio e, di conseguenza, i semiconduttori che reggono l’industria elettronica, delle telecomunicazioni, degli elettrodomestici, dell’automotive e della componentistica”.

Il nodo delle materie prime è ipotizzato “di natura temporanea, ma vi è il rischio che per alcuni settori possa diventare anche strutturale”.

Intanto la classifica delle principali società industriali italiane si conferma dominata per fatturato dai grandi gruppi energetico-petroliferi con forte partecipazione pubblica: Enel (con ricavi per 62 miliardi), Eni (44) e Gse (26,3). Le posizioni successive si aprono ad altri settori, come il manifatturiero, che vede Fca Italy in quarta posizione, e i servizi, guidati da Tim.

Le “new entries” nella Top20 sono Italpreziosi, Eurospin Italia, Fincantieri e Lidl Italia, mentre la società con il maggior numero di dipendenti rimane ampiamente Poste Italiane, con 124mila addetti nonostante il calo del 3,5%, che precede Ferrovie dello Stato, a quota 81mila, seguita da Enel a 66mila dipendenti. “Pur in presenza di una crisi di portata eccezionale”, circa il 30% delle aziende che compongono la graduatoria ha realizzato nel 2020 un incremento di fatturato, aggiunge lo studio.

Sul fronte bancario è avvenuto, come previsto dopo l’acquisizione di Ubi, il cambio al vertice, con Intesa Sanpaolo che ha superato UniCredit per totale attivo tangibile, che ammonta rispettivamente a 994 e 929 miliardi. A seguire, con ampio scarto, Cassa Depositi e Prestiti a quota 410 miliardi e Banco Bpm (182).

Il settore bancario registra nel 2020 un importante aumento del parametro ‘cost/income ratio’, che sale dal 71% al 77% anche “per effetto di incentivi all’esodo e spese Covid” mentre prosegue il miglioramento della qualità del credito. Dopo il picco del 2015 a 198 miliardi, alla fine dell’anno scorso la massa degli Npl ammontava a ‘soli’ 49 miliardi, in diminuzione di quasi il 24% rispetto al 2019.

Per quanto riguarda le assicurazioni, Generali mantiene un dominio assoluto sulla Top10 dell’Area Studi di Mediobanca con premi lordi che superano i 67 miliardi, anche “grazie alla sua struttura multinazionale”. Seguono il gruppo Poste Vita a quasi17 miliardi e Unipol Gruppo, che sfiora quota 12 miliardi.

(di Alfonso Neri/ANSA)

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