I timbri di Auschwitz all’asta, polemiche in Israele

Il braccio di un sopravissuto ad Auschwitz con il marchio del numero asseganto ai prigioneri del lager. EPA/ATEF SAFADI

TEL AVIV.  – L’orrore di Auschwitz è apparso in questi giorni nel rione di Gilo, a Gerusalemme, dove una casa d’aste ha messo in vendita reperti ritenuti ormai introvabili: si tratta di otto piccoli marchi utilizzati per imprimere numeri sulla pelle degli ebrei internati in quel lager. “Sono otto tavolette di metallo, di un centimetro per un centimetro e mezzo ciascuna, su cui compare in risalto la sagoma di una cifra diversa” ha spiegato il proprietario della casa d’aste, Meir Tzolman.

A breve distanza dal suo edificio, il direttore del Museo Yad Vashem Dany Dayan è subito passato all’attacco sostenendo che “il commercio di oggetti del genere è inaccettabile moralmente e non fa che incoraggiare la produzione di falsi”. “Yad Vashem – ha aggiunto – si oppone a vendite del genere e chiede alle case d’aste e ai siti online di cessare le vendite di oggetti storici che derivano dall’Olocausto”.

Tzolman ha poi spiegato all’ANSA di aver deciso di mettere in vendita quella sorta di timbri “proprio per evitare il rischio che scomparissero dalle pagine della Storia” e nella speranza che raggiungano un museo. “Ad Auschwitz – ha raccontato – fu internato anche mio nonno, Yechiel Tzolman. Anche lui fu tatuato ad un braccio dai nazisti. Si salvò solo grazie alla prestanza fisica che indusse i suoi aguzzini a destinarlo a lavori pesanti piuttosto che all’eliminazione”.

Dopo la Shoah sarebbe poi immigrato in Israele, dove è morto 20 anni fa. La casa d’aste del nipote – un ebreo ortodosso – è peraltro un inno alla cultura ebraica, con vendite costanti di testi ebraici antichi e manoscritti. “Nella mia famiglia – ha aggiunto Tzolman – nessuno ha obiettato alla messa in vendita di quelle tavolette”.

A quanto gli risulta quei timbri di metallo con i punzoni a forma di cifra erano sistemati in un telaio di legno, e poi impressi a forza sulla carne del detenuto. Quindi nelle ferite aperte veniva versato un inchiostro indelebile di colore blu.

“Era la stessa tecnica utilizzata allora per marchiare il bestiame – ha spiegato -. Ma le dimensioni erano state adattate appositamente per gli esseri umani, dunque erano molto più ridotte”. Con questi tatuaggi i nazisti volevano far comprenderé ai prigionieri che anche se fossero scappati, sarebbero stati poi inevitabilmente rintracciati, come bovini allo sbando. Nella vendita è incluso anche un manuale prodotto dalla società tedesca Aesculap, che illustrava “l’uso corretto del prodotto”.

Secondo Tzolman, un sopravvissuto alla Shoah gli ha confermato di aver visto di persona quel genere di marchi. In Israele l’asta, fissata per il 9 novembre, ha sollevato un vespaio di polemiche. Ma Tzolman si dice determinato a non annullarla. “C’è un grande interesse, oggi le offerte si sono moltiplicate. Penso che quelle tavolette saranno acquistate ad un prezzo di 30-40 mila dollari”.

Nulla di quanto afferma ha smosso minimamente Yad Vashem, che si è rifiutato di avere con lui alcun contatto. In termini generali ha fatto invece sapere di essere disposto a ricevere quelle tavolette per analizzarne l’autenticità e utilizzarle eventualmente come testimonianza storica del passato.

(di Aldo Baquis/ANSA).