Un anno senza Proietti, in sala l’ultimo film

Gigi Proietti in una foto d'archivio al Film Festival di Roma per la proiezione de film 'Sono Gassman! Vittorio re della commedia'.
Gigi Proietti in una foto d'archivio al Film Festival di Roma per la proiezione de film 'Sono Gassman! Vittorio re della commedia'. ANSA/CLAUDIO ONORATI

ROMA. – È davvero commovente che esattamente a un anno dalla sua morte (il 2 novembre 2020) che poi era anche il giorno del suo compleanno, Gigi Proietti torni a vivere almeno sugli schermi. Una sorta di magia che lo vede tra l’altro in un ruolo così popolare e amato, come quello di Babbo Natale, affiancato da un grande Marco Giallini, mai come in questo film totalmente dentro il suo personaggio di romano disincantato e un po’ coatto.

Io sono Babbo Natale di Edoardo Falcone arriva in sala il 3 novembre con la Lucky Red dopo essere stato evento di pre apertura alla Festa di Roma e non sarà l’unica occasione per ricordare il grande mattatore romano, al quale oggi è intitolata una fondazione mentre Edoardo Leo gli ha dedicato il bel documentario “Luigi Proietti detto Gigi”, prossimamente in sala.

In IO SONO BABBO NATALE, Ettore (Giallini) è un ex detenuto che cerca di rifarsi una vita. In prigione a causa di una rapina, l’uomo che non ha mai tradito i suoi complici, ora che è fuori vuole continuare a fare l’unica cosa che sa fare davvero bene: rubare. Fuori dalla galera nessun legame familiare tranne la sua ex compagna Laura (Barbara Ronchi) con la quale ha avuto una figlia che non ha mai conosciuto.

A un certo punto, in uno dei suoi furti, entra nella casa di Nicola (Gigi Proietti), un signore anziano molto gentile che mostra chiari segni di disturbi di identità visto che dice di essere Babbo Natale in persona. Fatto sta che tra i due si crea uno strano rapporto di amicizia. Nicola cerca in qualche modo di rendere Ettore suo erede come Babbo Natale, mentre lui pensa solo a come sfruttarlo. Tanti duetti, tra Proietti e Giallini, nel segno della romanità, e un finale davvero molto natalizio.

“Cosa ho imparato da Proietti? Ho imparato da lui anche quando non lo conoscevo, da certi personaggi assorbi tutto, sono sempre dei tuoi riferimenti – ha spiegato Giallini presentando il film -. È stato un privilegio passare tanto tempo con lui, per me era diventato come un padre. Che non stava bene non si capiva troppo, quando iniziava il ciak si alzava di botto e sembrava avesse vent’anni. Gli chiedevo spesso ‘come stai? Me vie’ da piagne a pensarlo… e lui rispondeva sempre con la sua ironia: ‘Abito in via di guarigione'”.

Nel documentario di Edoardo Leo, si ritrova invece tutta la sua famiglia: la vedova, Sagitta Alter, e le figlie Susanna e Carlotta. “E’ un film bellissimo, che rispecchia pienamente papà, lo racconta in modo completo, ne siamo tutti veramente molto felici”, dice Carlotta.

Il progetto nasce per volontà di Leo: “Nel 2018 mi ero messo in testa di fare un documentario su A me gli occhi please, l’one-man-show del ’76 scritto da Roberto Lerici. Lo proposi a Gigi che mi rispose incredulo: ‘Un documentario su di me? E perché ?’. Dopo qualche titubanza – racconta Edoardo Leo – disse di sì e cominciai a fare interviste, a raccogliere materiale, a seguire per mesi ogni recita di un suo spettacolo ovunque fosse. Poi la sua morte. Mi sono fermato e ho chiesto alla famiglia cosa fare. – spiega il regista- Quando hanno dato il consenso ho ricominciato a lavorarci ma a quel punto il racconto di A me gli occhi è diventato altro: il tentativo di scoprire il mistero di un artista capace di unire alto e basso, di stravolgere, mettere in berlina i classici conoscendoli profondamente, unire le generazioni. E’ stata un’impresa perché Proietti ha fatto tantissimo e alla fine è stato un atto d’amore dovuto”.

(di Francesco Gallo/ANSA)

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