I Regeni: “L’Ue ci aiuti con i fatti a fare giustizia”

I genitori di Clausdio Regeni, Paola e Claudio Regeni arrivano al tribunale a Roma. ANSA/ EPA/MASSIMO PERCOSSI

BRUXELLES.  – “L’Unione europea ci aiuti con i fatti a fare giustizia”. É questo l’ultimo e composto appello lanciato da Paola e Claudio Regeni, i genitori d el ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto.

A pochi giorni dalla decisione della III Corte d’Assise che ha annullato il provvedimento di rinvio a giudizio, passando la palla di nuovo al gup, il papà e la mamma di Giulio sono intervenuti in un’audizione al Parlamento europeo dedicata al caso dell’italiano ucciso e per cui sono imputati quattro 007 del Cairo.

All’Ue chiediamo “vicinanza e aiuto con fatti concreti, perché si faccia verità e giustizia per nostro figlio”, ciò “significherebbe anche aiutare il popolo egiziano”, ha esordito

Paola Regeni collegandosi da remoto all’Eurocamera, sottolineando insieme al marito la richiesta di un supporto con “azioni oltre che con parole”. In Egitto c’è una situazione “molto preoccupante per i diritti umani”, hanno aggiunto i due ricordando di avere fatto un esposto contro il governo italiano, per la violazione alla legge 185/90, che vieta la vendita di armi ai Paesi che violano i diritti umani. “Questo non viene rispettato praticamente da nessuna nazione Ue o extra”, ha precisato Claudio Regeni. A testimonianza del mancato rispetto dei diritti umani c’è “l’autopsia su Giulio che conta oltre 260 pagine”, ha poi affermato la donna.

Una audizione che ha scosso gli stessi eurodeputati della sottocommissione per i diritti umani del Pe che si sono detti “profondamente preoccupati” tra l’altro per le condizioni carcerarie in Egitto.  Da parte sua la legale della familia Regeni, l’avvocato Alessandra Ballerini ha definito “intollerabile e traumatizzante” – e non può essere “definitiva”, ha sottolineato – “l’impunità” per il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio.

Quella in Corte d’Assise “è una battuta d’arresto ma non può essere definitiva”, ha detto, chiedendo agli ambasciatori dell’Ue, alle Istituzioni europee e al Parlamento europeo, di fare tutte le “pressioni possibili in ogni singolo incontro con le autorità egiziane”, per avere le elezioni di domicilio dei quattro imputati. “Non c’è affare che possa tenere di fronte all’impunità per chi sequestra, tortura e uccide”, ha arringato.

Emozione anche per il racconto di Mona Seif quando ha parlato delle condizioni inaccettabili in cui viene tenuto prigioniero da anni suo fratello Alaa Abd el Fattah in Egitto, che lo stanno “spingendo a desiderare il suicidio”, mentre l’europarlamentare del Pd, Pierfrancesco Majorino, ha sottolineato che “senza agire sullo vendita di armi non è possibile fare pressioni”.

Non è la prima volta che il Parlamento europeo dà voce alla vicenda del ricercatore friulano. A dicembre dello scorso anno l’Eurocamera aveva assunto una dura presa di posizione adottando una risoluzione non legislativa dove si esortavano le autorità egiziane a collaborare pienamente con l’Italia sul caso e parallelamente si chiedeva l’immediata scarcerazione di Patrick Zaki.

(di Giuseppe Maria Laudani/ANSA).

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