Sommerso e criminalità, economia legale perde 203 miliardi

Ispezioni sul lavoro nero. (ANSA)

ROMA.  – Diminuisce l’economia sommersa, ma aumentano le attività illegali: nel 2019 l’economia non osservata e quindi sconosciuta al fisco ha raggiunto quota 202,858 miliardi. Ma se l’economia sommersa si è ridotta da da 188,9 a 183,4 miliardi – rimanendo comunque una realtà “pesantissima” – quella illegale, ovvero frutto di attività vietate, è cresciuta, anche se lievemente, da 19,2 a 19,4 miliardi.

Sono questi i dati dell’ultima fotografia scattata dall’Istat, dai quali emerge che nel complesso l’economia non osservata quindi si riduce del 2,6%, confermando la tendenza in atto dal 2014, ma rappresenta comunque l’11,3% del Pil  (-0,5 punti). E coinvolge oltre 3,58 milioni di unità di lavoro a tempo pieno. Anche per quanto riguarda il lavoro impegnato in modo irregolare si registra un calo rispetto al 2018 con 57mila unità in meno (-1,6%).

La Uil ha commentato i dati tornando a chiede al Governo di rafforzare la lotta all’evasione fiscale. Ma anche dal fronte delle imprese viene una condanna decisa a chi evita i circuito legali e quindi attua di fatto una concorrenza sleale. “Il lavoro nero e l’evasione fiscale vanno colpiti senza se e senza ma”, ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi. “Ci sono – ha aggiunto – le indicazioni dei settori dove c’è evasione e il lavoro nero e non si comprende come mai non lo si colpisce”.

Le principali componenti dell’economia sommersa sono costituite dal valore aggiunto nascosto dichiarando meno guadagni o maggiori spese. In pratica si fanno – spiega l’Istat – comunicazioni volutamente errate del fatturato e/o dei costi (sotto-dichiarazione del valore aggiunto) o si nasconde valore aggiunto generato mediante l’utilizzo di lavoro irregolare.

A questo poi si aggiunge il valore degli affitti in nero e delle mance.

L’economia illegale invece include le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge e quelle che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati. Le attività illegali incluse nel Pil dei Paesi dell’Unione europea sono la produzione e il commercio di stupefacenti, i servizi di prostituzione e il contrabbando di sigarette.

Nell’economia illegale la parte principale in Italia è quella relativa al traffico degli  stupefacenti con un valore aggiunto di 14,8 miliardi nel 2019 (+0,9%) e una spesa  per consumi di 16,6 miliardi (+2,1%).  Nel complesso i consumi finali di beni e servizi illegali superano i 22 miliardi ma c’è stata una crescita meno sostenuta per la prostituzione. Per questo settore i consumi finali (4,7 miliardi) e il valore aggiunto si sono mantenuti sostanzialmente stabili (4,0 miliardi) sul 2018 mentre hanno registrato una crescita media annua tra  il 2016 e il 2019  dello 0,8%.

Il valore aggiunto sommerso da sotto-dichiarazione (dichiarazioni errate sul fatturato ecc) è a 90,2 miliardi, diminuito di 3,8 miliardi di euro rispetto al 2018 mentre quello generato dall’impiego di lavoro irregolare è sceso di 1,2 miliardi a 76,8 miliardi (il 4,3% del Pil). Le altre componente hanno registrato una riduzione di 0,5 miliardi a 16,4 miliardi.

L’economia illegale ha invece segnato un aumento, pur se molto contenuto, rispetto all’anno precedente per 174 milioni.

Nel complesso, i settori dove è più alto il peso del sommerso economico sono gli “Altri servizi alle persone” (35,5% del valore aggiunto totale) settore che include palestre, tatuatori, organizzazione di cerimonie ecc, il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (21,9%) e le Costruzioni (20,6%). Se si guarda al lavoro irregolare (14,9% delle Ula complessive) l’incidenza più rilevante è nel terziario (16,1%) e raggiunge livelli molto alti soprattutto negli Altri servizi alle persone (46,4%), settore nel quale si concentra la domanda di prestazioni lavorative non regolari da parte delle famiglie a partire dal lavoro domestico.

Anche in agricoltura la presenza di lavoro irregolare è alta (18,8%) e supera la percentuale delle Costrizioni (16,3%) e del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,3%). Nel comparto del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione e in quello degli Altri servizi alle persone, sono impiegate il 60,6% di Ula non regolari pari a circa 2 milioni e 175 mila unità.

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