Allarme Ue sulla Polonia: “rischia di crollare l’Unione”

Banidere dei paesi europei sventolano nella sede della commissione dell' Unione Europea. ANSA/ EPA/OLIVIER HOSLET

 

BRUXELLES. – Se Bruxelles non reagisce alla sentenza della Corte Costituzionale polacca, l’intera Unione europea “rischia di crollare”. A quattro giorni dal colpo assestato dai giudici di Varsavia al primato del diritto comunitario, la preoccupazione dei vertici europei non si placa.

E l’allarme lanciato dalla vicepresidente della commissione Ue, Vera Jurova, interpreta un orientamento che a Bruxelles, con il passare delle ore, si fa sempre più spazio: quello di una dura reazione dell’esecutivo europeo all’attacco giuridico sferrato da Varsavia, che potrebbe arrivare ad includere nuove sanzioni.

“Se non manteniamo il principio che le stesse regole devono essere rispettate nello stesso modo ovunque nell’Unione, l’intera Europa inizierà a crollare, perché” tutta la costruzione “ha la forza del suo anello più debole”, sono le parole di Jurova, che ha la delega alle politiche sui valori e la trasparenza. Parole che arrivano mentre l’esecutivo europeo sta valutando le motivazioni della sentenza della Corte polacca, per agire di conseguenza.

“Quando si muoverà, la Commissione lo farà su basi giuridiche solidissime”, ha sottolineato nel consueto briefing con la stampa il portavoce Eric Mamer senza dare indizi né sulla tempistica né sul merito della reazione Ue.

Di certo, l’ipotesi di sanzioni contro la Polonia resta più che mai concreta se è vero che nei confronti della Germania, in occasione della sentenza della corte di Karlsruhe sul Quantitative Easing (con la Bce che avrebbe operato al di là dei suoi poteri, secondo i giudici), fu aperta una procedura d’infrazione sebbene Berlino non avesse sostenuto la sentenza.

Ma per Varsavia, come per Budapest, i nodi non sono solo giuridici. Lo scontro tra Bruxelles e i due governi sovranisti ormai è totale e ha la trattativa per lo sblocco dei fondi del Next Generatation Ue – tuttora congelati – come fulcro.

Alla Corte di Giustizia Ue è stato il giorno della prima udienza dopo il ricorso presentato da Polonia e Ungheria contro la condizionalità dello Stato di diritto per lo sblocco. Ironia della sorte il ricorso – inoltrato a marzo – fa capo a quell’organo comunitario le cui sentenze, secondo la Corte Costituzionale polacca, non prevarrebbero sul diritto nazionale.

Il pronunciamento della Corte di Lussemburgo è atteso l’anno prossimo ma la disputa legale non fa che esacerbare un clima già infuocato. “L’Europa non ha futuro senza i diritti fondamentali e senza i principi dello Stato di diritto e della democrazia”, ha ribadito il commissario Didier Reynders. E nelle stesse ore, parlando dalla cittadina di Esztergom, il premier ungherese Viktor Orban snocciolava concetti tutt’altro che concilianti.

“Venti anni fa Bruxelles era dalla nostra parte. Oggi non ci vedono più come partner dello stesso livello. Trattano i cittadini dell’Europa Centrale come se fossero di seconda classe”, ha attaccato Orban elogiando, di riflesso, la cooperazione tra i Paesi Visegrad.

La manifestazione pro-Ue di ieri a Varsavia ha mostrato come la linea dura dei governi polacco e ungherese non riscuota però un consenso troppo esteso. E domenica tra i manifestanti europeisti di Varsavia c’era anche il nipote 18enne del premier Mateusz Morawiecki, che oltre ad essere stato fermato dalla polizia ha denunciato di essere stato picchiato dagli agenti mentre era a terra.

(di Michele Esposito/ANSA).

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