Draghi ispira i moderati, si apre laboratorio liberal

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha illustrato in conferenza stampa il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, approvato dal Consiglio dei Ministri n. 39
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha illustrato in conferenza stampa il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, approvato dal Consiglio dei Ministri n. 39. (Ufficio Stampa Presidenza del Consiglio)

ROMA. – C’è chi lo chiama il partito di Draghi, chi il movimento dei pragmatisti ma quel che è certo è che dopo il voto alle amministrative i centristi vedono una prateria aprirsi e la vogliono percorrere. L’obiettivo dichiarato è costruire un “rassemblement” liberale (alcuni preferiscono chiamarlo lib-dem), fortemente ancorato all’Europa, che possa occupare lo spazio di quanti non si riconoscono ne’ nel Pd ne’ nel centrodestra sovranista a guida Meloni-Salvini. E diventare così l’ago della bilancia per una futura coalizione di governo sul modello dei partito liberale tedesco Fdp. E il totem di riferimento è Mario Draghi o, almeno, il suo decisionismo.

A spiegare bene il progetto è Matteo Renzi al quale molto si può rimproverare ma non carenza di fiuto politico: “l’area riformista (dai moderati che non vogliono Salvini e Meloni, fino ai democratici che non vogliono morire grillini) è fortissima. Sia dove vinciamo, sia dove facciamo testimonianza, i risultati sono molto buoni. E questo è fondamentale in vista del 2023”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Carlo Calenda che, pur non diventando sindaco di Roma, può vantare il successo di essere il primo partito di Roma, avanti anche al Pd: “il dato è che esiste un’area di riformismo pragmatica che non si accontenta dell’offerta politica attuale”.

Di liberismo ne parla da anni e oggi Benedetto Della Vedova, segretario di Più Europa, prende la palla al balzo: “ora c’è da costruire una area europeista, liberaldemocratica e da questa tornata elettorale esce rafforzata la via di Draghi: riforme ed europeismo”.

Ma la platea da “acchiappare” è vasta anche incrociando i dati altissimi di astensione che palesano come una larga fetta dell’elettorato non si sia riconosciuta nelle proposte disponibili ad oggi. E così anche il leader maggiormente premiato dal voto, Enrico Letta, rimane con le antenne alzate barcamenandosi tra la necessità di una alleanza forte con i Cinque stelle e l’esigenza di rassicurare un elettorato moderato. Un nuovo grande Ulivo, in sostanza, per non perdere troppo il passo al centro.

Alla finestra sembra essere anche Silvio Berlusconi che pare sempre più lontano dal vedere possibile il federarsi della coalizione di centrodestra e sempre più infastidito dai toni populisti di Meloni e Salvini. Il pur prudente Antonio Tajani ancora una volta ha ricordato che “vince il centrodestra che si riconosce nei valori del popolarismo europeo, nei valori cristiani, liberali, garantisti e liberisti”.

Ma chi sono al momento i liberali pragmatici? Lo spiega Michaela Biancofiore di Coraggio Italia almanaccando anche i comprimari: “spira in Italia una grande voglia di novità ed equilibrio ma decisionista, che si incarna nei risultati delle liste e dei partiti dell’area liberaldemocratica. Parlo della lista civica di Calenda a Roma, della lista di Damilano a Torino, di Italia Viva di Renzi, dell’Udc, di Noi con l’Italia di Lupi e di Coraggio Italia”.

(di Fabrizio Finzi/ANSA)

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