Pacquiao dice addio al ring: “Mi candido a presidente”

Il pluricampione del mondo del pugilato Manny Pacquiao.

ROMA.  – Dalla povertà all’olimpo mondiale del pugilato, ora punta dritto alla presidenza del suo Paese. A 42 anni Manny Pacquiao ha annunciato il ritiro dalla boxe, la “decisione più dura” della sua vita ha detto via twitter, pubblicando un video di 14 minuti che sa già di campagna elettorale.

Idolatrato da molti per la sua storia di successo, “il pugno nazionale” con la sua candidatura promette di voler combattere la corruzione nelle Filippine e aiutare le fasce più disagiate della popolazione. In un luogo dove la politica è ossessionata dalla celebrità, il suo non è un obiettivo irrealistico.

Pacquiao ha lasciato la scuola a 14 anni, ha venduto ciambelle in strada per aiutare sua madre a mantenere i due fratelli più piccoli. Nel giro di pochi anni, il mancino alto 169 cm è diventato un pugile professionista. Sul ring usa un gioco di gambe fulmineo per attaccare con raffiche rapide, come quelle che gli hanno consentito di sconfiggere Oscar de la Hoya, Ricky Hatton, Miguel Cotto, Erik Morales e Marco Antonio Barrera.

È diventato un campione del mondo di otto diverse classi di peso e uno dei migliori pugili di sempre, ma l’età negli ultimi tempi si è fatta sentire. In quello che si è rivelato essere il suo ultimo incontro professionale, “Pacman” ha perso il 21 agosto scorso contro il cubano Yordenis Ugas a Las Vegas: l’ottava sconfitta di una brillante carriera durata 26 anni e costellata da 62 vittorie.

Il pugilato gli ha procurato fama, potere, influenza e ricchezza, ma anche dei vizi: alcol, gioco d’azzardo, combattimenti di galli e storie con bellissime star del cinema che hanno quasi rovinato il suo matrimonio. Ma nel 2012, Pacquiao, ora padre di cinque figli, ha abbracciato la religione e si è lasciato alle spalle la vita da playboy.

Ha anche lavorato come testimonial per prodotti che vanno dagli elettrodomestici alla pizza e alle auto, è stato ospite in programmi Tv, ha recitato in alcuni film e per un certo periodo si è dato al basket professionistico come allenatore e come improbabile giocatore. Ha lanciato un campionato di basket nel 2017 e ha fondato la sua criptovaluta, il “Pac Token”.

Noto per la sua generosità, ha regalato grandi somme di denaro ad amici, fan e persone bisognose. Molto disponibile con i suoi supporter, permette loro di guardare le proprie sessioni di allenamento.

Ma la vittoria alle elezioni presidenziali del prossimo anno è tutt’altro che assicurata. Chi lo ama vede in lui la prova vivente che il successo è possibile per chiunque lavori duro, indipendentemente dalle proprie origini. I detrattori invece lo accusano di avere poca intelligenza visto l’abbandono delle scuole superiori, e di essere un assenteista al Senato (dove è stato eletto nel 2016), sollevando così dubbi sulla sua capacità di governare un Paese da 110 milioni di persone.

A meno di un anno dalle elezioni, Pacquiao ha messo a rischio il suo capitale politico promuovendo la micidiale guerra alla droga del popolare presidente Rodrigo Duterte. Un’iniziativa che secondo le associazioni per i diritti umani ha ucciso decine di migliaia di uomini, per lo più poveri, e ha scatenato un’indagine da parte della Corte penale internazionale.

Fervente cristiano evangelico, Pacquiao si è pubblicamente opposto al divorzio, all’aborto e ai contraccettivi e ha paragonato le coppie gay agli animali, un insulto che gli è costato un accordo di sponsorizzazione con il gigante Nike. Ma mai si è visto un presidente giurare fedeltà al proprio Paese in abbigliamento sportivo.

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