Von der Leyen: “Difesa e intelligence comuni per l’Ue”

La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. EPA/YVES HERMAN / POOL

BRUXELLES. – Ursula von der Leyen incalza sulla difesa comune e un’intelligence europea, si prende la rivincita sulla strategia dei vaccini Covid e lancia un monito a Polonia e Ungheria sul rispetto dello stato di diritto legato all’erogazione dei fondi Ue.

Un testo felpato e articolato quello della presidente della Commissione per il discorso sullo stato dell’Unione, pesato parola per parola e calibrato sul disegno di un’Europa più equa, più autonoma, più resiliente, da consegnare alle generazioni future.

Un’Europa che ha il volto di Bebe Vio, nella sua scommessa contro l’impossibile sulla connettività globale, alternativa alla Via della seta cinese, un’Unione capace di essere un motore nella lotta ai cambiamenti climatici, e centro di produzione tecnologica, a partire dai chip. Un’Ue che guarda alla collaborazione con Mario Draghi, “alle sue conoscenze ed al suo parere per la ripresa economica”, e che non vuole assistere impotente dovesse ripetersi una tragedia come quella afghana.

“Si possono avere le forze armate più avanzate al mondo, ma se non si è pronti a utilizzarle, qual è la loro utilità?”, ha chiesto la presidente all’aula del Parlamento europeo. “Ciò che ci ha frenato finora non è solo una carenza di capacità: è la mancanza di volontà politica”, ha ammesso l’ex ministra della Difesa tedesca, che ha rilanciato sul progetto di un battaglione di impiego rapido da almeno cinquemila unità. Ma la leader è andata ben oltre, invitando a “gettare le basi per un processo decisionale collettivo” sulla base di un rafforzamento della “cooperazione in materia di intelligence”, con la possibilità di istituire una Situation room in salsa europea per accorpare tutte le diverse informazioni ed affrontare le crisi.

Un piano a tutto tondo legato anche ad una politica sulla cyberdifesa, tema di discussione per uno speciale summit europeo che sarà convocato dal tandem von der Leyen-Macron durante la presidenza di turno francese del Consiglio Ue al via da gennaio. E sul quale da Roma ha insistito pure il presidente Sergio Mattarella, che parlando ad altri capi di Stato dell’Unione ha invocato per l’Europa una politica estera, di difesa e di sicurezza comune.

Sulla pandemia poi Von der Leyen ha segnato un punto a proprio favore, con il “ruolo di avanguardia a livello mondiale” dell’Ue sulle vaccinazioni. Una situazione completamente ribaltata per la tedesca rispetto ad un anno fa, quando si era trovata nello stesso emiciclo a fare autocritica per i ritardi nelle consegne delle dosi. Non a caso ha tenuto a sottolineare che “una pandemia è una maratona, non una gara di velocità”.

Il tempo è stato galantuomo: “Nell’Ue più del 70% degli adulti ha ricevuto un’immunizzazione completa. Siamo stati gli unici a condividere la metà della produzione di sieri con il resto del mondo, con oltre 700 milioni di dosi in oltre 130 Paesi”. Ma non c’è da abbassare la guardia. Preoccupano tra l’altro le differenze tra i tassi di immunizzazione nei 27. Bisogna fare tutto il possibile per “garantire che la pandemia non si trasformi in una pandemia dei non vaccinati”.

Nel suo discorso Von der Leyen ha evitato di polemizzare, richiamando al rispetto dello stato di diritto e al primato delle sentenze della Corte Ue. Ma gli ultimi minuti del suo intervento, in risposta agli europarlamentari, la tedesca li ha riservati ad un annuncio che in molti avevano invocato, ma che nessuno si aspettava in questa circostanza.

“Nelle prossime settimane arriveranno le prime notifiche scritte” in base al meccanismo che condiziona l’esborso degli aiuti Ue al rispetto dello stato di diritto. “Faremo tutto quanto in nostro potere in difesa del budget”, ha dichiarato. Parole dirette a Polonia e Ungheria, seppure non citate in modo esplicito. Entro oggi Varsavia e Budapest dovranno rispondere ad una delle molte procedure di infrazione aperte da Bruxelles contro i deficit democratici dei loro sistemi, in questo caso per le discriminazioni contro la comunità arcobaleno.

(di Patrizia Antonini/ANSA)