Prezzi materie prime corrono, aumenta anche il pane

Un panettiere affetta del pane
Un panettiere affetta del pane. (ANSA)

ROMA.  – Non si ferma la corsa delle materia prime: dai metalli e dal gas si estende ora anche anche al grano, all’olio, al burro, imprimendo già un segno ai costi degli alimentari.

Il timore è che gli aumenti si riflettano inevitabilmente sull’inflazione, a danno dei consumatori ma innescando anche, se prolungati e diffusi, ragionamenti di politica monetaria che non potrebbero portare ad altro se non ad una stretta da parte della Bce.

Il primo indiziato è il frumento. Assopanificatori di Fiesa Confesercenti nota “una dinamica sostenuta, che sta avvicinando i prezzi ai livelli record registrati durante la precedente fiammata del mercato nel 2008”. Luglio 2021 rispetto a luglio 2020, sottolinea l’associazione, ha visto un incremento dei prezzi all’origine del 9,9% per il frumento duro e del 17,7% per il frumento tenero.

“I fornitori ci avvisano che da metà settembre potremmo vedere aumenti anche a doppia cifra per le farine”, denunciano i panificatori, pronosticando un autunno all’insegna di forti aumenti.

“Dal grano al pane – denuncia Coldiretti – il prezzo aumenta di dodici volte”. La produzione di grano in Italia ha subito un taglio stimato pari al 10% per il clima, nonostante l’aumento delle superfici coltivate, spiegano i coltivatori: “un chilo di grano tenero è venduto a circa 26 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,1 euro con un rincaro quindi di dodici volte”.

Con la ripresa post-pandemia, i rincari sono però generalizzati e riguardano anche le materie prime energetiche, mgas in primis, e i materiali da costruzione, dall’alluminio all’acciaio, fino all’uranio per il nucleare, che comincia ad essere rivalutato come fonte “pulita”, alternativa agli idrocarburi.

Al London Metals Exchange il future a 3 mesi dell’alluminio utilizzato dagli operatori come benchmark ha toccato i 2.810 dollari la tonnellata pari al massimo dall’agosto 2008.

In questo caso a spingere al rialzo i prezzi sono i timori relativi alle restrizioni sul lato dell’offerta dopo il giro di vite sulla produzione decisa dal governo ciñese per ridurre le emissioni di carbonio. Le preoccupazioni del mercato sulla carenza di offerta si stanno facendo sentire anche sul gas sia in Europa sia negli Usa.

Il contratto con scadenza ad ottobre scambiato al Nymex ha raggiunto il livello più alto dal 2014. Massimi dagli ultimi 6 anni anche per l’uranio, mentre continua ad aggravarsi la tensione nel mercato siderurgico, specialmente italiano.

Come effetto delle quote alle importazioni imposte da Bruxells, le acciaierie europee stanno quotando ai centri servizio un prezzo complessivo dell’acciaio inox 304 a 4.300 euro la tonnellata pari a un rincaro di 300 euro rispetto alla fine di agosto.

Lascia un commento