Anche l’Italia armerà i suoi droni

Un'immagine del drone MQ-1 Predator rilasciata dall'ufficio stampa delle Forze Armate americane
Un'immagine del drone MQ-1 Predator rilasciata dall'ufficio stampa delle Forze Armate americane. EPA/LT. COL. LESLIE PRATT / US AIR FORCE / HANDOUT HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES *** Local Caption *** 51805112

ROMA. – Anche l’Italia avrà i suoi droni armati. La cosa era nell’aria da tempo e la conferma è arrivata dal Documento Programmatico Pluriennale 2021 del ministero della Difesa, come sottolinea la rivista specializzata Rid, che collega questa novità all’emergere dei nuovi scenari. Nuovi teatri operativi che, “dal Nagorno Karabah, alla Libia, hanno mostrato la rilevanza sui campi di battaglia del drone armato” ed hanno fatto cadere “incertezze e resistenze di natura etica che finora avevano impedito il compimento di tale passo”.

La Difesa non ha fornito ulteriori dettagli e non è nota la tipologia di armi che verrà integrata sui velivoli. Si sa solo che i droni Reaper verranno anche dotati di nuovi apparati per la guerra elettronica. Gli Uav, acronimo che sta per aeromobile a pilotaggio remoto, vale a dire i droni, sono strumenti da molti anni indispensabili nelle varie aree di operazione, ma che l’Italia ha finora impiegato solo in versione disarmata, essenzialmente per attività di ricognizione, intelligence e sorveglianza.

Secondo Pietro Batacchi, direttore di Rid, la Rivista italiana difesa, questa limitazione ha avuto pesanti conseguenze in passato. “La non disponibilità di armamento a bordo dei Predator/Reaper, ad esempio in Afghanistan, ha messo a rischio la vita dei nostri soldati a terra, con perdite che altrimenti potevano essere evitate”. Ma ora che la Difesa “ha deciso di armare i propri Uav classe Male Reaper i nostri comandanti sul terreno potranno disporre di una fondamentale opzione per proteggere le forze a terra e per neutralizzare eventuali minacce prima che queste possano manifestarsi”.

Del drone in questione – il Reaper MQ-9, prodotto dalla statunitense General Atomics, versione aggiornata del più conosciuto Predator-B – l’Italia ha sei esemplari in dotazione all’Aeronautica militare (uno di questi, utilizzato per la missione Mare Sicuro, è precipitato nel novembre 2019 in Libia per motivi non ufficialmente chiariti).

Di recente il Reaper è balzato agli onori delle cronache perché proprio lui – ‘il mietitore’, o altrimenti soprannominato ‘killer silenzioso’ – è stato il protagonista della rappresaglia Usa dopo l’attentato all’aeroporto di Kabul. Ma è lungo l’elenco delle vittime eccellenti di questo super-drone: dal tagliagole dell’Isis Mohammed Emwazia, detto ‘Jihadi John’, colpito nel novembre 2015 in piena notte in Siria, al generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso nel gennaio 2020 proprio da un Reaper che aveva seguito la sua auto per dieci minuti prima di sganciare i suoi missili di precisione Hellfire.

Lungo 36 metri e con un’apertura alare di 21, il Reaper può viaggiare alla velocità di 450 km orari ed è in grado di volare guidato a distanza via satellite senza rifornimenti per 2.000 km in missioni di ricognizione e per 1.200 se armato di missili. E’ in grado di operare da 15.000 metri come a bassa quota, di giorno, di notte e con il cattivo tempo. Ogni esemplare costa oggi intorno ai 30 milioni di dollari.

Il direttore di Rid spiega che la decisione di armare i droni italiani, “ha avuto un’accelerazione nell’ultimo anno: non solo tutti i principali paesi li hanno in dotazione, ma questo sistema è ormai un attore indispensabile nei nuovi conflitti, sia quelli asimmetrici, sia quelli convenzionali. C’è poi – aggiunge Batacchi – anche una questione di natura industriale: se non armi i droni poi non li esporti e magari li esporta la Turchia che negli ultimi due anni si è conquistata una grossa fetta di mercato con i suoi Bayraktar Tb2”.

Inoltre, prosegue, “anche il nuovo drone europeo, un programma cui partecipa anche l’Italia, è già predisposto per essere armato e dunque non ha davvero più senso continuare a combattere una battaglia di retroguardia. Riguardo poi all’aspetto etico: che differenza c’è tra un caccia con il pilota a bordo e un drone pilotato da terra? In entrambi i casi è l’uomo che decide quando far fuoco”.

(di Vincenzo Sinapi/ANSA)

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