Minsk sbatte in carcere l’oppositrice Kolesnikova

La dissidente bielorussa Maria Kolesnikova in una manifestazione.
La dissidente bielorussa Maria Kolesnikova in una manifestazione. Archivio. (Ansa)

MOSCA. – Maria Kolesnikova è stata condannata a 11 anni di prigione in quello che appare l’ultimo schiaffo del presidente-dittarore Alexander Lukashenko sia al movimento di protesta bielorusso che all’Occidente.

Kolesnikova, 39 anni, è infatti uno dei simboli della rivoluzione, parte integrante della troika al femminile (insieme a Svetlana Tikhanovskaya e Veronika Tsepkalo) che ha sfidato il leaderissimo alle presidenziali del 2020.

Con lei, in carcere, per 10 anni, finirà anche Maxim Znak, membro del gruppo di oppositori che, guidati da Kolesnikova, ha lavorato alla campagna elettorale di Viktor Babaryko, l’aspirante presidente finito in prigione ancor prima dell’apertura delle urne e condannato a sua volta in luglio a 14 anni per frode.

Kolesnikova, già popolarissima, è diventata una vera e propria star quando, nel corso delle retate che hanno decimato i vertici del Consiglio dell’opposizione in seguito al voto, ha silurato l’operazione dei servizi per espellerla dal Paese stracciando il proprio passaporto a un passo dalla frontiera con l’Ucraina.

Rifiutata la via dell’esilio, per lei si è aperta quella della galera. A un anno dall’arresto è arrivata la sentenza, durissima, che l’ha riconosciuta colpevole di tutti i capi d’imputazione, ovvero “incitazione ad azioni che minacciano la sicurezza nazionale della Bielorussia, cospirazione per impadronirsi del potere con mezzi incostituzionali e creazione e direzione di una formazione estremista”.

Di nero vestita, come suo solito, rossetto sgargiante sulle labbra, capelli cortissimi, Kolesnikova dalla gabbia detentiva dell’aula del tribunale regionale di Minsk ha salutato i suoi sostenitori con le mani a forma di cuore. In piedi accanto a lei, Znak ha fatto finta d’invitare il pubblico in un teatro: “Cari spettatori, siamo felici di vedervi”, ha detto il quarantenne.

“Maria e Max hanno attraversato tutte le fasi della persecuzione politica con dignità”, ha notato l’ufficio di Babaryko in un comunicato, citando poi l’avvocato di Kolesnikova secondo cui, la scorsa settimana, Maria ha pronunciato un appassionato discorso finale alla corte sul “futuro di una Bielorussia libera”. Non a caso il processo è avvenuto a porte chiuse.

Molti bielorussi si sono dati appuntamento, in un atto di vera sfida al regime, nei pressi del tribunale per omaggiare i due oppositori. Che ora andranno a ingrossare le fila dei prigionieri politici bielorussi (bene 659, secondo la stima dell’ong Viasna).

“L’Ue ribadisce le sue richieste per il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici in Bielorussia, inclusi Maria Kaliesnikava e Maksim Znak, i giornalisti e tutte le persone che sono dietro le sbarre per aver esercitato i propri diritti”, ha protestato in una nota il Servizio di azione esterna dell’Unione parlando di “palese disprezzo dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo bielorusso da parte del regime”.

Molte altre cancellerie occidentali hanno fatto seguito. Sino ad ora Lukashenko ha ignorato appelli e sanzioni, procedendo sulla sua strada di strenuo attaccamento alla poltrona, sostenuto (perlomeno pubblicamente) da Vladimir Putin. I due si vedranno, per l’ennesima volta, il 9 settembre.

In quest’occasione firmeranno, pare, i trattati per una maggiore integrazione tra i due Paesi (non sarà un’annessione, giura Lukashenko). Si vedrà. C’è chi pensa che possa essere invece il prezzo dell’aiuto russo.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA).

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