Il Texas vieta l’aborto dopo 6 settimane, ira di Biden

Manifestazione contro l'aborto in Alabama.
Manifestazione contro l'aborto in USA. Archivio. (ANSA)

WASHINGTON.  – Il Texas vara le leggi più restrittive d’America sul diritto all’aborto e al voto, dopo il primato per quelle più tolleranti sulle armi, confermandosi il laboratorio delle politiche più conservatrici del Paese e il modello per tutti gli altri Stati controllati dai repubblicani.

Nel Lone Star State è entrata in vigore l’Heartbeat Act, la legge che proibisce l’interruzione di gravidanza già dalla sesta settimana, dopo che la Corte suprema non è intervenuta sul ricorso presentato da vari gruppi di attivisti. Immediata l’ira di Joe Biden: “Questa legge estrema del Texas viola apertamente il diritto costituzionale stabilito dalla sentenza della corte suprema Roe v. Wade e confermata come precedente per quasi mezzo secolo”, ha denunciato, promettendo che la sua amministrazione “proteggerà e difenderà quel diritto”.

Gli ha fatto eco Hillary Clinton, denunciando l’inazione della Corte suprema, che “col favore delle tenebre, scegliendo di non fare nulla, ha consentito che un bando incostituzionale sull’aborto entrasse in vigore”.

Nel frattempo il Senato texano – sull’onda delle proteste trumpiane contro gli inesistenti brogli elettorali, ma anche delle nuove tendenze demografiche che favoriscono i dem – ha approvato la legge che ridimensiona fortemente i diritti di voto, dopo il clamoroso boicottaggio di decine di parlamentari dem fuggiti nella capitale per un mese e mezzo per far mancare il numero legale.

L’unica speranza di invertire la rotta è la legge federale per allargare la possibilità di votare, che tuttavia si è arenata al Congresso per l’opposizione del Grand Old Party.

Ma l’America che vuol far tornare indietro l’orologio della storia si allarga e si polarizza sempre di più: il 2021 è l’anno che ha registrato il maggior numero di restrizioni sull’aborto dalla sentenza Roe v Wade. Idem per l’accesso alle urne dai tempi del Voting Rights Act nel 1965.

Quest’anno sono già 18 gli Stati che hanno approvato oltre 30 provvedimenti per limitare il voto, mentre altri tre Stati – Idaho, Oklahoma e South Carolina – hanno passato bandi dell’interruzione di gravidanza analoghi a quelli del Texas, anche se sono ancora in standby.

L’Heartbeat Act vieta l’aborto dalla sesta settimana, quando molte donne non sanno ancora di essere incinta ma sarebbe già individuabile il battito cardiaco del feto. Un’espressione, quest’ultima, secondo molti esperti fuorviante, perché a questo stadio è rilevabile solo “una porzione di tessuto fetale che diventerà il cuore mentre l’embrione si sviluppa”.

L’unica eccezione è per emergenze mediche documentate per iscritto da un medico, ma non per gravidanze frutto di stupri e incesti. La particolarità della legge inoltre è che consente a qualunque privato cittadino di fare causa a tutti coloro che “aiutino o favoriscano” un aborto illegale, ottenendo sino a 10 mila dollari di danni in una corte civile.

Gli effetti, accusano i detrattori, saranno l’esodo in altri Stati delle donne che vogliono interrompere la gravidanza (con la penalizzazione di quelle di colore e a basso reddito), la “corsa alla ricompensa” da parte dei cittadini e il rischio causa non solo per i medici ma anche per gli operatori sanitari e gli impiegati delle cliniche, potenzialmente anche per un tassista che accompagna una paziente in ospedale per abortire.

L’obiettivo ultimo dei repubblicani è sfruttare lo spostamento a destra della Corte suprema (6 a 3, dopo le tre nomine di Donald Trump) per ribaltare la sentenza Roe v. Wade del 1973, che ha stabilito il diritto delle donne ad abortire fino a che il feto non è vitale, ossia in grado di sopravvivere fuori dell’utero, cosa che accade normalmente tra la 22/ma e la 24/ma settimana di gravidanza. Un primo banco di prova sarà in autunno, con la pronuncia sul bando dell’aborto in Mississippi dopo 15 settimane.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).