Draghi vola da Macron, si prova spinta Ue su Afghanistan

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in una foto d'archivio.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in una foto d'archivio. EPA/MAURO SCROBOGNA / POOL

ROMA. – La crisi afghana ma anche, e soprattutto, la necessità che l’Unione Europea si muova con una maggiore sincronia rispetto a quanto accadrà a Kabul dal primo settembre in poi. Sarà questo uno dei dossier prioritari sul tavolo del bilaterale tra Emmanuel Macron e Mario Draghi.

Il presidente della Repubblica francese e il premier italiano si vedranno a Marsiglia giovedì sera, in un faccia a faccia organizzato a ridosso della visita del numero uno dell’Eliseo nella città mediterranea in occasione di un convegno sull’ambiente. E prima di volare a Marsiglia, Draghi, probabilmente, metterà in campo l’atteso decreto sull’accoglienza dei rifugiati afghani in un Consiglio dei ministri previsto giovedì stesso.

Con Macron, Draghi non parlerà solo di Afghanistan ma la crisi legata al ritorno dei Talebani a Kabul sarà, certamente, il piatto più caldo sul tavolo. Anche perché finora, dal punto di vista diplomatico, i Grandi della Terra continuano a muoversi in ordine sparso e alla luce della mancata approvazione, da parte del Consiglio di sicurezza Onu, della proposta francese di una “safe zone all’aeroporto di Kabul”.

Quello dei corridoi umanitari resta uno dei nodi più delicati da affrontare dopo la partenza di tutti i militari Usa dall’Afghanistan. E’ un nodo a cui anche l’Italia lavora da giorni, tenendo presente i diversi aspetti che potrebbero complicare la sua soluzione: uno su tutti, quello di essere costretti a recapitare ai Talebani le liste di chi deve lasciare il Paese.

Da Draghi e Macron potrebbe arrivare un’ulteriore spinta affinché l’Ue si muova con maggior sincronismo, cosa che finora non è avvenuta. Del resto, tocca al premier italiano e al presidente francese fungere da traino ad un maggior coordinamento europeista: con le elezioni in vista a fine settembre la figura di Angela Merkel è destinata ad essere via via meno centrale. E, sullo sfondo, resta l’opportunità di un vertice allargato – innanzitutto a Cina e Russia – per affrontare la crisi afghana: strada sulla quale, al momento, permane lo stallo.

Possibile che Draghi e Macron approfondiscano altri dossier, come quello libico. O come quello dei rapporti bilaterali: entrambi, infatti, sono intenzionati a dare una spinta decisiva per la firma del Trattato del Quirinale. E nel corso della cena i due potrebbero affrontare anche il dossier climatico, al centro del Congresso mondiale della natura che lo stesso Macron inaugurerà il venerdì a Marsiglia.

L’ Afghanistan – e in particolare come modulare il sistema di accoglienza per i profughi – , secondo fonti qualificate di governo potrebbe essere uno dei punti all’ordine del giorno del Cdm. La riunione potrebbe dare anche il là al decreto sulle delocalizzazioni dopo che i ministri Andrea Orlando e Giancarlo Giorgetti sembrano aver smussato le incomprensioni dei giorni scorsi. Possibile, anche, il via libera al dl infrastrutture in cantiere già prima della pausa estiva.

Bisognerà invece attendere per le altre riforme nel quadro del Pnrr. Le prossime tappe prevedono concorrenza e fisco ma, soprattutto sul secondo punto, pesano le tensioni interne alla maggioranza. E in mattinata, oltre che della crisi afghana, Draghi ha parlato proprio della ripartenza economica in un faccia a faccia con Enrico Letta.

Dal punto di vista della coesione della maggioranza settembre – complici anche le amministrative – non è un mese facile. Il reddito di cittadinanza è da giorni sotto attacco del centrodestra e di Iv, con il M5S che fa perno proprio su Draghi perché sia modificato e non abolito.

E poi c’è il nodo del ministro Luciana Lamorgese, nel mirino di Salvini e al centro anche di una battaglia interna tra Lega e Fdi. L’ex ministro, nelle ultime ore, sembra provare a cercare la sponda del premier affinché sia lo stesso Draghi ad occuparsi in prima persone del dossier flussi. Per Salvini, comunque, la partita non è facile: stando al governo la Lega non può forzare troppo la mano, a dispetto, invece, di Giorgia Meloni.

(di Michele Esposito/ANSA)

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