Onu chiede partenze sicure da Kabul ma senza “safe zone”

Rifugiati afghani.
Rifugiati afghani. (ANSA)

WASHINGTON.  – Il primo sforzo diplomático internazionale sulla crisi afghana  partorisce una dichiarazione di principi su diritti umani e  impegni da rispettare da parte dei talebani ma non riesce a far decollare la “safe zone” sotto il controllo Onu all’aeroporto di Kabul per garantire i corridoi umanitari dopo la scadenza del 31 agosto.

Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha infatti adottato una risoluzione in cui si “aspetta” che i talebani onorino la promessa di lasciar partire in modo “sicuro” gli afghani e gli stranieri che lo desiderano dopo il ritiro delle forze Usa e chiede una “rapida e sicura” riapertura dell’aeroporto di Kabul, senza esigere tuttavia la “zona sicura” proposta da Parigi.

Nel documento si “chiede” inoltre che l’Afghanistan non diventi una base per i terroristi e che i talebani rispettino i diritti umani, compresi quelli di donne, bambini e minoranze, “incoraggiando” un accordo politico “inclusivo”. Infine si auspica un rafforzamento degli sforzi umanitari e di lasciar pieno accesso all’Onu.

Il testo, sponsorizzato da Usa, Francia e Gran Bretagna, lascia di fatto lo scalo  nelle mani dei talebani e non specifica alcuna conseguenza per gli studenti  coranici se non osserveranno i vari appelli. Tra l’altro Russia e Cina si sono astenute, suscitando l’irritazione di Washington, che sta cercando di di riprendere in mano il pallino di una crisi che ha minato la sua credibilità tra gli alleati.

Sì, perché “una crisi più ampia è appena iniziata”, ha avvisato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhr), secondo cui entro fine anno fino a 500.000 dei 39 milioni di afghani potrebbero fuggire dal Paese.

Di qui il suo appello affinché le frontiere rimangano aperte e più Paesi condividano “questa responsabilità umanitaria” assieme a Iran e Pakistan, che ospitano già 2,2 milioni di afghani. “Gli Stati membri devono onorare i loro obblighi in materia d’accoglienza di chi fugge dall’orrenda situazione in Afghanistan”, gli ha fatto eco Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa.

La proposta di creare una zona sicura nell’aeroporto di Kabul, gestita dalle Nazioni Unite insieme a Turchia e Qatar, i due Paesi musulmani che hanno i rapporti più stretti con i talebani, era stata lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron e subito sostenuta da Mosca, che però aveva chiesto altre due iniziative, alimentando più di qualche tensione con Washington: sbloccare le risorse monetarie afghane e avviare una conferenza internazionale.

“Se i nostri colleghi occidentali hanno davvero a cuore il futuro del popolo afgano, non dovrebbero creare ulteriori problemi a quella gente, come il congelamento delle riserve  internazionali dello Stato afgano conservate nelle banche degli Stati Uniti”, ha ammonito il rappresentante presidenziale russo per l’Afghanistan Zamir Kabulov, secondo cui lo sblocco aiuterebbe a rafforzare il tasso di cambio della moneta nazionale, che è crollato.

Per discutere “la ripresa economica dell’Afghanistan” il Cremlino chiede inoltre la convocazione di una “conferenza internazionale” che veda innanzitutto la partecipazione “dei Paesi i cui eserciti sono stati di stanza lì per 20 anni e hanno fatto quello che vediamo oggi. È un punto d’onore e di coscienza correggere almeno alcuni degli errori che hanno fatto”.

Nel frattempo Washington sta cercando di riprendere la guida degli alleati. Per questo il segretario di Stato Antony Blinken ha convocato una riunione con i ministri degli Esteri dei “partner più importanti”, come Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Canada, Giappone, Turchia, Qatar, Unione Europea e Nato. In agenda il futuro dell’aeroporto di Kabul e i corridoi umanitari, dopo che oltre 100 Paesi hanno fatto sapere che i talebani si sono impegnati a facilitare l’uscita degli afghani che vogliono lasciare il Paese. Ma anche la necessità di coordinarsi sulle condizioni per un eventuale riconoscimento del governo talebano.

“La nostra Ambasciata si è prontamente trasferita a Roma ed è pienamente operativa. Il nostro inviato speciale per l’Afghanistan è a Doha. È importante continuare a garantire uno stretto coordinamento anche lì e decidere una posizione comune” tra alleati “su dove collocare la presenza diplomatica. È fondamentale agire insieme nei confronti dei talebani. Dobbiamo giudicarli dalle loro azioni, non dalle loro parole”, ha commentato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante il vertice straordinario G7-Ue-Nato, impegnandosi per ulteriori fondi umanitari e per assistere gli afghani anche nei Paesi terzi.

Il capo della diplomazia italiana ha anche auspicato il coinvolgimento di Russia e Cina contro la rinascita del terrorismo in Afghanistan. Una posizione condivisa dal collega britannico Dominic Raab.

 

 

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).