Piano lavoro per 3 milioni di persone. Duello su Rdc

Lavoratori in una industria di mobili.
Lavoratori in una industria di mobili. (ANSA)

ROMA. – Un piano complessivo per 5 miliardi per cercare di formare e trovare lavoro a tre milioni di persone entro il 2025:  sono gli interventi di politiche attive previsti dal PNRR che attraverso il programma GOL (Garanzia occupabilità lavoratori) e il Piano delle competenze e il rafforzamento dei contri per l’impiego dovrebbero migliorare sensibilmente la situazione del mercato del lavoro italiana.

Un contesto che vede il Belpaese afflitto da un tasso di occupazione molto inferiore a quello europeo (58,1% contro il 67,8% dell’Ue a 27, che scende 49% contro il 62,7% per le donne) ma anche un livello di persone che non studiano e senza impiego – i neet –  decisamente superiore (23,3% contro il 13,6% dell’Ue a 27).

Il piano presentato a inizio agosto alle Regioni sarà la base del confronto previsto per giovedì 2 con le parti sociali.

E si incrocia con i destini del reddito di cittadinanza, che con i navigator in supporto ai centri impiego doveva rappresentare un tassello delle politiche attive sul lavoro. Invece è ora al centro di una battaglia politica.

Al leader della Lega, Matteo Salvini, che propone la sua cancellazione per finanziare ancora Quota 100 hanno risposto i leader di Pd e M5s. Scontata la risposta di Giuseppe Conte che difende lo strumento simbolo del movimento. Enrico Letta ha invece ribadito quanto già detto da Draghi nel corso dell’estate: il reddito di cittadinanza non va cancellato, ma migliorato.

“Credo che Draghi sul reddito di cittadinanza abbia detto cose importanti – ha affermato Letta –  Ha aperto una discussione che consente di portare miglioramenti e di prendere il buono che c’è stato, perché del buono ce n’è stato e di superare i limiti ad oggi riscontrati. Questo è il metodo migliore”.

Il governo sta comunque lavorando sulle politiche attive. Il piano, in 28 slide, ricorda che ci sono risorse  pari a 4,4 miliardi di euro, destinate direttamente a GOL e al PNC, cui si aggiungono 600 milioni di euro per il rafforzamento dei centri per l’impiego (di cui 400 già in essere e 200 aggiuntivi) e 600 milioni di euro per il rafforzamento del sistema duale.

Dei tre milioni di beneficiari di GOL entro il 2025 almeno il 75% dovranno essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55.

Per quanto riguarda invece i centri per l’impiego il programma sottolinea l’importanza di erogare “un’offerta efficace di servizi personalizzati secondo standard uniformi su tutto il territorio”.

L’obiettivo è di avere un centro per l’impiego non più ogni 100.000 abitanti come ora ma ogni 40.000 utilizzando magari anche unità mobili e sportelli temporanei per quanto riguarda l’utenza più fragile.

Il progetto è di vasta portata ma si innesterà in un sistema di grande difficoltà dei servizi per l’impiego pubblici che al momento vengono usati nella ricerca del lavoro da meno del 20% dei disoccupati (il 17,8% nel quarto trimestre 2020, in calo sul 23,1% del quarto trimestre 2019) a fronte del largo uso dei metodi informali come la richiesta di aiuto a parenti e amici (79%).

I percorsi saranno differenti a seconda dei beneficiari del programma con  un semplice orientamento di base per coloro che sono più vicini al mercato del lavoro e che hanno competenze spendibili e interventi più intensivi nel caso di lavoratori con bisogni complessi (come può essere un lavoratore senza licencia media o un ex detenuto ma anche in alcuni casi  una madre single).

“L’elemento comune di questi percorsi – si legge nel piano –  è la considerazione che le politiche attive del lavoro da sole non sono sufficienti a migliorare l’occupabilità del lavoratore, essendo presenti ostacoli e barriere che vanno oltre la dimensione lavorativa”.

“La discussione sulle politiche attive – dice la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti – è strettamente collegata con quella sugli ammortizzatori sociali sulla quale ci aspettiamo una convocazione a breve. Ci convince la centralità data ai centri per l’impiego e la forte collaborazione tra il sistema pubblico e quello privato ma soprattutto la garanzia di prestazioni essenziali in tutto il Paese”.

“É importante la formazione – aggiunge- ma non sia legata solo a ciò che serve oggi, Ci deve essere un rafforzamento delle competenze delle persone. Le politiche attive non sono solo incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro”.

(di Alessia Tagliacozzo/ANSA).

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