Pandemie e culle vuote, l’Italia è in testa

Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. Nascite
Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. FRANCO SILVI / ANSA / PAL

ROMA. – La pandemia ha aggravato il problema della denatalità nei paesi ricchi, contribuendo ulteriormente a svuotarne le culle; l’Italia è purtroppo in prima fila su questo fronte, infatti in un anno ha perso 16 mila nascite (nel 2020 rispetto al 2019), con 3.500 nati in meno in un solo mese (dicembre 2020 vs dicembre dell’anno precedente) e una riduzione media della natalità del 9,1% per il nostro paese in un solo anno.

È quanto emerge dai dati di uno studio di Letizia Mencarini e Arnstein Aassve dell’Università Commerciale Bocconi di Milano pubblicato sulla rivista PNAS. Lo studio ha riguardato 22 paesi (tra cui Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Svezia, Finlandia, Usa, Germania, Francia, Spagna, Ungheria, Islanda, Israele): “Abbiamo visto – spiega Mencarini all’ANSA – che paesi come Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi, dove c’è un welfare più generoso e gli individui hanno meno paura sul fronte occupazionale e del reddito, il calo delle nascite non c’è stato”; paesi come Italia, Portogallo e America, invece, hanno avuto più contraccolpi a causa delle incertezze economiche e occupazionali legate alla pandemia.

C’è già un trend negativo per le nascite, ricorda Mencarini, che dipende sia dal calo delle donne in età fertile e quindi dalla riduzione delle potenziali madri, sia dal calo della fecondità. La pandemia, aumentando ancora di più le disuguaglianze socioeconomiche, porta a perdita di reddito e prospettiva che colpisce soprattutto i più giovani, che sono quindi quelli che più facilmente rinviano il sogno di metter su famiglia.

Solo che poi in Italia, sottolinea Mencarini, questi rinvii ingenerano una trappola demografica, ossia l’ulteriore riduzione delle madri potenziali (perché più tempo si aspetta prima di fare un figlio, più si riducono le chance di una gravidanza).

“Secondo i nostri modelli – spiega – che tengono conto dei trend di fecondità già in atto nei diversi paesi (causati ad esempio da una riduzione delle madri potenziali) i cali delle nascite più consistenti sono avvenuti in Italia (il 9,1% di nati in meno rispetto al 2019), Ungheria (8,5% in meno), Spagna (8,4% in meno), Portogallo (6,6% in meno).

Per l’Italia i mesi più critici, con meno nascite, sono stati dicembre 2020 (-3500 nati rispetto a dicembre 2019) e gennaio 2021 (con un record 5000 nascite in meno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) che corrispondono proprio a un calo brusco dei concepimenti avvenuto all’inizio della prima ondata pandemica.

Infatti, precisa l’esperta, mentre il calo medio delle nascite negli altri mesi 2020 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente era del 3%, a dicembre il calo è stato decisamente molto più forte, del 21%; stessa cosa a gennaio 2021. Il risultato è stato che nel 2020 ci sono state 16 mila nascite in meno rispetto all’anno precedente (404 mila nascite in tutto).

Fortunatamente, dai dati preliminari sul 2021, spiega l’esperta, “vediamo una ripresa in Italia per il mese di marzo 2021, che significa che alla fine della prima ondata pandemica (giugno 2020) l’ottimismo ha prevalso sulle paure e le coppie hanno ripreso i progetti accantonati nei mesi precedenti”.

Ovviamente “sarà molto interessante vedere cosa è successo in corrispondenza della seconda e terza ondata pandemica – conclude – quindi ad esempio vedere le nascite che corrispondono ai concepimenti avvenuti nell’autunno-inverno 2020-2021; ci aspettiamo oscillazioni dei tassi di nascita in corrispondenza di tutte le ondate”.

(di Paola Mariano/ANSA)