Sarà la Turchia a gestire l’aeroporto di Kabul

Gente affollata nell'aeroporto di Kabul, dietro un filo spinato.
Gente affollata nell'aeroporto di Kabul, dietro un filo spinato. (ANSA)

ISTANBUL.  – “I Talebani ci hanno proposto di gestire l’aeroporto di Kabul. Ci hanno detto: ‘Noi garantiremo la sicurezza, voi l’operatività’. Ma non abbiamo ancora preso una decisione”.

All’indomani dell’attacco allo scalo afgano, Recep Tayyip Erdogan conferma i primi colloqui delle autorità turche con i sedicenti studenti coranici e rilancia l’impegno del suo Paese sul terreno, anche dopo il ritiro del contingente militare.

“Non possiamo permetterci il lusso di chiedere il permesso a nessuno su con chi, dove, quando e come dobbiamo tenere colloqui. In Afghanistan – ha affermato il presidente turco – c’è un serio vuoto amministrativo, dobbiamo tenere i colloqui necessari”.

Tre ore e mezza di faccia a faccia tra i diplomatici di Ankara e i rappresentanti dei mullah nell’ala militarizzata dell’aeroporto Hamid Karzai, all’interno della struttura che da un paio di settimane ospita l’ambasciata per garantirne la sicurezza senza mai abbandonare il campo.

“E, se servirà, ce ne saranno altri. Quando tutti hanno lasciato l’Afghanistan – ha insistito il presidente turco – noi non l’abbiamo lasciato”. Una presenza di cui ora punta a raccogliere i frutti.

Tramontata l’ipotesi del controllo militare dello scalo a garanzia della comunità internazionale, alla Turchia che in queste ore sta completando l’evacuazione dei suoi oltre 500 soldati resta la possibilità di cooperare direttamente con i Talebani, fornendo i propri tecnici civili per assicurarne il funzionamento.

Una mossa che, nonostante tutto, le permetterebbe di restare a Kabul con un ruolo chiave. I rischi per la sicurezza – Erdogan ha parlato esplicitamente di “possibilità di morte” – spingono però alla prudenza.

La decisione finale è stata rinviata alla prossima settimana, dopo la scadenza del 31 agosto per il ritiro delle truppe americane e l’attesa formazione del nuovo governo afgano. Poi, con l’aeroporto nelle mani dei fondamentalisti, comincerà una nuova stagione.

“Non si può sapere quali siano le loro aspettative o le nostre senza parlarne. Questa è la diplomazia”, ha rivendicato ancora il leader di Ankara. La permanenza permetterebbe alla Turchia di rafforzare anche le sue ambizioni geopolitiche nella regione.

Non solo: potrebbe diventare il punto di riferimento occidentale per ogni mediazione sulle future operazioni commerciali e umanitarie nello scalo. Un soft power da sfruttare anche in vista di una possibile ricostruzione, magari in partnership con gli altri attori, dalla Cina alla Russia, che in un modo o nell’altro sembrano decisi a restare.

(di Cristoforo Spinella/ANSA).