Merkel gli chiede aiuto, Putin: “L’Afghanistan una lezione”

Il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel durante la riunione nel Cremlino
epa09421884 Russian President Vladimir Putin (R) and German Chancellor Angela Merkel (L) during their meeting in the Kremlin in Moscow, Russia, 20 August 2021. German Chancellor is on a working visit in Moscow. EPA/EVGENY ODINOKOV / KREMLIN / SPUTNIK / POOL MANDATORY CREDIT

MOSCA. – Nelle dorate stanze del Cremlino, al cospetto della tramontante Angela Merkel, l’unica in Europa ad aver sempre tenuto testa con fierezza allo zar, Vladimir Putin consuma la sua rivincita sull’Occidente.

“L’Afghanistan sia da lezione, non si può esportare la democrazia, non si può imporre i propri modelli su popoli che hanno altre tradizioni”. È il de profundis della pax americana. Merkel, che è volata a Mosca per un ultimo incontro con Putin prima delle dimissioni, nella borsa un fitto fascicolo di temi da discutere, ascolta scura in volto.

“Chiedo alla Russia d’interagire con i Talebani in modo che non ostacolino la consegna degli aiuti umanitari Onu”, precisa. Poi, quando può, ribatte colpo su colpo.

Angela Merkel sa che la Nato e gli Usa in Afghanistan sono in rotta e nulla può obiettare quando Putin nota come il Paese sia ormai “quasi totalmente sotto il controllo dei Talebani” e che le priorità, viste dal Cremlino, sono di evitare la “sua disintegrazione, l’infiltrazione di terroristi nelle nazioni limitrofe, normalizzare la situazione e avere rapporti di buon vicinato”.

Una lista dei desideri smaccatamente russa – al limite cinese – che segna il passo. Però, al tono trionfante di Putin sui valori e sulla democrazia, Merkel non piega il capo.

“In origine l’obiettivo della missione era quello di sradicare il terrorismo dopo l’attacco alle torri gemelle, e in questo senso abbiamo avuto successo”, rivendica. “Poi le ragazzine afgane mi sono sembrate felici di aver imparato finalmente a leggere e scrivere”.

Non è il solo scontro, plateale, andato in scena nel corso della conferenza stampa. Lo zar l’ha ringraziata per “questi 16 anni di lavoro” e ha assicurato che in Russia sarà “sempre la ben accetta”. La cancelliera ha chiarito che la mancanza di dialogo tra i due Paesi “non è un’opzione”, nonostante le molte differenze odierne. Ma le piacevolezze finiscono qui. Il resto sono due diverse visioni del mondo a confronto.

Merkel pesta duro sul tasto dei diritti umani, della società civile, del ruolo delle Ong in Russia, sempre più compresso, e anzi chiede che tre sigle tedesche vengano tolte dalla lista nera delle organizzazioni indesiderabili.

Ed esorta Putin a liberare Alexei Navalny, il principe degli oppositori detenuto in carcere da gennaio scorso, dopo essere tornato, convalescente, proprio da Berlino.  “Nel corso di questi anni lo sviluppo politico dei nostri Paesi ha seguito traiettorie diverse”.

Una frase tagliente, chiarissima per chi segue la Russia, sconvolta da una crescente limitazione delle libertà individuali. Quasi a farlo apposta, poco dopo la fine dell’incontro, il ministero della Giustizia bollerà l’emittente indipendente Dozhd Tv con la lettera scarlatta di “agente straniero” – ultimo episodio di una lunga serie.

Putin su questo non vuole sentire ragioni. Navalny è dentro perché ha compiuto “un reato”, non per la sua “attività politica”, e comunque le autorità garantiranno la stabilità interna, perché la Russia ha “già esaurito la sua quota di rivoluzioni”. Chi vuol intendere intenda.

Ultimi temi degni di menzione. L’Ucraina, dove la pace è impantanata, la Libia, dove si registrano progressi, e il gas. Ecco, sul punto Russia e Germania hanno sempre trovato compromessi, come sul contestato Nord Stream quasi ultimato. “Il gas russo è la fonte energetica più sicura per l’Europa”, ha ammonito Putin.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA).