Tokyo: torna in pista Jacobs, 4×100 contro i sospetti

Lamont Marcell Jacobs in una foto d'archivio.
Lamont Marcell Jacobs in una foto d'archivio. EPA/Adam Warzawa POLAND OUT

TOKYO.  –   Basta con i sospetti e le allusioni, la verità è che l’Italia dello sprint può di nuovo far sognare. Venerdì a Tokyo c’è la finale della staffetta 4X100, e di solito chi schiera il vincitore della gara individuale finisce sul podio anche nella prova del quartetto, a meno di cambi sbagliati che in passato hanno penalizzato in particolare gli americani.

Così è giusto che gli azzurri ritengano di poter fare la loro parte, pur con la preoccupazione per Filippo Tortu, ultimo frazionista, che al villaggio sembra sparito dai radar dopo la “delusione” della mancata finale dei 100. Nulla di meglio, per risollevarsi, che fare una bella gara di staffetta in cui assieme al finanziere milanese ci saranno nell’ordine Lorenzo Patta, Marcell Jacobs (confermato in seconda frazione, come un tempo facevano gli Usa con Carl Lewis, perché è quella più ‘lunga’ e lancia la parte finale) e Eseosa Desalu.

Già dalla batteria si farà molto sul serio con rivali del calibro di Canada, Usa, Cina e Germania, ma alle Olimpiadi non ci sono mai sfide facili.

“Posso dire che proveremo a divertirci – dice il ct azzurro Antonio La Torre, che prima di scegliere i quattro in gara ha parlato a lungo con il responsabile dello sprint Filippo Di Mulo -, e ai miei, non solo ai velocisti, ho detto che nessuno si deve sedere: Tokyo 2020 può ancora riservarci delle soddisfazioni. Vorrei che le imprese dei nostri campioni ispirassero tanti ragazzi a fare atletica”.

Sicuramente ci sarà qualcuno che sognerà di emulare Jacobs, ed è un pensiero che offre al direttore tecnico l’occasione per difendere il suo  fenomeno. “Solo chi non conosce il percorso di Marcell può ancora stupirsi: lui e il suo staff hanno un approccio scientifico, studiano tutti i dettagli e ogni passo. Invece sarei curioso di sapere come ha fatto a fare certi tempi uno che finora correva i 400”, dice alludendo all’americano Kerley.

“Noi siamo trasparenti, e non sta scritto in nessun studio scientifico che i 100 metri delle Olimpiadi debba per forza vincerli un inglese o uno statunitense. Io ricordo che ai Mondiali di Parigi vinse uno che veniva da quattro sassi in mezzo all’oceano, Collins di St. Kitts and Nevis. Agli americani potrei citare Coleman, ma le risse da bar non mi piacciono. La verità è che per loro questo è un momento di passaggio”.

Nel quale primeggia un italiano nato in Texas al quale ora cambierà la vita, e che dovrà essere bravo a mantenere l’equilibrio anche esistenziale. “Marcell mi ha detto di sentire un’enorme responsabilità nei confronti delle persone che lo ammirano – dice La Torre – e che vuole onorarla. Io credo che ci riuscirà perché rimane il velocista della porta accanto, è uno disponibile e che conserverà il sorriso. É già un eroe, per diventare leggenda deve solo allenarsi e pensare fin dove può arrivare”.

L’unico dubbio è che potrebbe essere un po’ scarico di testa dopo l’impresa nell’individuale, la gara più importante delle Olimpiadi, ma ai compagni della 4X100 sembra che stia meglio di prima.

“Aveva già una batteria dentro di sè, ma ora si è accesa la luce – dice il suo allenatore Paolo Camossi -. E illumina anche tutti gli altri”. Magari per far vedere loro che sul podio dei Giochi si sta molto bene anche in quattro.

(dell’inviato Alessandro Castellani/ANSA).

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