Saied non si ferma, primo deputato tunisino arrestato

Un manifestante siede sulla cima del cancello del parlamento in Tunisia.
Un manifestante siede sulla cima del cancello del parlamento in Tunisia. ANSA/ EPA/STR

ROMA. – Yassine Ayari è il primo nome a cadere sotto la scure della revoca dell’immunità parlamentare in Tunisia, parte del colpo di mano voluto domenica dal presidente Kais Saied, insieme al licenziamento del premier Hichem Mechichi e la sospensione del Parlamento.

Ayari, legislatore indipendente eletto nella circoscrizione estero, è stato arrestato dalle forze di sicurezza presidenziali che avrebbero usato la forza durante la sua cattura, secondo quanto denunciato dalla moglie su Facebook.

Il partito Amal wa Aamal, diretto da Ayari, ha dichiarato che il deputato è stato rapito davanti a casa sua da agenti di polizia. Secondo la stessa fonte, gli agenti avrebbero affermato di far parte della guardia presidenziale.

In Parlamento Ayari è giunto per la prima volta nel 2017 grazie ad un’elezione suppletiva per un seggio all’estero in Germania. Personaggio controverso al centro di scandali, il deputato fu uno dei numerosi blogger protagonisti dieci anni fa della rivoluzione dei gelsomini.

É stato condannato più volte per vilipendio delle forze armate a causa di vari post sui social network in cui dileggiava l’esercito. Il 26 giugno 2018 venne condannato a tre mesi di carcere dalla giustizia militare per aver aver insultato l’istituzione militare e il presidente della Repubblica, ma l’immunità di cui godeva come deputato lo ha sempre salvato.

Da domenica scorsa, quell’immunità è venuta meno per ordine del presidente Saied, che continua a mantenere le redini dell’Esecutivo mentre si attende ancora la nomina di un nuovo primo ministro, e va avanti con la “pulizia” tra gli alti funzionari delle istituzioni del Paese.

Ieri, Ridha Gharsallaoui è stato nominato nuovo ministro dell’Interno con decreto presidenziale, mentre è stato licenziato il direttore generale dei servizi speciali presso lo stesso ministero, Lazhar Loungou, che va ad aggiungersi alla lista delle teste cadute per volere di Saied, che contempla anche una ventina di alti funzionari governativi, il procuratore generale militare e il direttore della televisione pubblica nazionale.

Loungou, che assunse la carica nell’aprile 2021 grazie alla nomina dell’ex premier Mechichi, verrà sostituito dal direttore centrale dell’informazione generale presso il ministero dell’Interno, Mohamed Cherif.

Mentre Saied tira dritto sulle sue decisioni, forte anche del sostegno dell’87% dei tunisini secondo un sondaggio, il presidente del parlamento Rached Ghannouchi, anche leader del partito islamico moderato Ennhadha, prima forza in parlamento e principale danneggiato dalle decisioni del presidente Saied, si è rammaricato della mancanza di dialogo con il capo di Stato dopo le sue decisioni di domenica, che l’opposizione ha denunciato come un golpe.

E sul partito islamico si concentrano ora le azioni giudiziarie: quattro appartenenti a Ennahdha, tra cui un membro del Consiglio della Shoura (Direzione), un membro della squadra di Ghannouchi e la sua ex guardia del corpo, sono stati deferiti al giudice istruttore del Tribunale di Tunisi con l’accusa di “tentativo di commettere atti di violenza davanti al Parlamento a seguito dell’annuncio delle decisioni del presidente della Repubblica”.

I quattro sono attualmente oggetto di indagine, dopo che la squadra anticrimine della capitale ha ricevuto denunce secondo le quali gli imputati avrebbero contattato persone del quartiere di El Nour per recuperare bastoni e per commettere violenze davanti alla sede del Parlamento.

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