Macron in Polinesia: “Vi siamo debitori”. Ma niente scuse

Il presidente francese Emmanuel Macron.
Il presidente francese Emmanuel Macron. EPA/LUDOVIC MARIN / POOL MAXPPP OUT

PARIGI.  – “Verità e trasparenza” sui test nucleari francesi in Polinesia: senza chiedere scusa, come invece auspicato dalle autorità polinesiane nei giorni scorsi, Emmanuel Macron ha affermato oggi che la Francia ha un “debito” nei confronti della Polinesia francese per aver realizzato in 30 anni circa 200 test atomici nel Pacifico, con tutto ciò che ha comportato per la salute delle persone e per l’ambiente.

Nell’ultimo giorno della sua visita a Papeete e all’ultimo anno del suo primo quinquennato all’Eliseo, il presidente ha riconosciuto che questo dossier sensibile ha logorato la “fiducia” tra Parigi e il suo territorio d’oltremare.

“La nazione ha un debito nei confronti della Polinesia francese. Questo debito consiste nel fatto di aver effettuato questi test, in particolare quelli fatti tra il 1966 e il 1974, di cui non si può assolutamente dire che fossero puliti”.

Ha quindi invocato “verità” e “trasparenza”, oltre che “un risarcimento migliore per le vittime”, tra cui quelle ammalate di cancro. Parole che hanno suscitato applausi tra le autorità polinesiane e i presenti venuti ad ascoltare il discorso presidenziale.

Nel 1966 la Francia trasferì sugli atolli di Mururoa e Fangataufa un campo di sperimentazione che si trovaba in precedenza nel deserto del Sahara. In 30 anni Parigi ha proceduto a 193 test atomici nell’atmosfera, fino al 1974, poi sotterranei.

“Voglio dire chiaramente che i militari che li hanno effettuati non vi hanno mentito. Si sono assunti gli stessi rischi”, ma al tempo stesso “penso che sia vero, non avremmo effettuato gli stessi test in regioni francesi come la Creuse o la Bretagna. Li abbiamo fatti qui perché era più lontano, in mezzo al Pacifico”, ha riconosciuto Macron, dicendosi tuttavia d’accordo con la scelta fatta all’epoca dal generale De Gaulle, poi confermata dai suoi successori all’Eliseo, di dotare la Francia dell’arma nucleare.

Nel suo intervento particolarmente atteso, il presidente più giovane della Quinta Repubblica francese non ha però chiesto perdono, come invece invocavano le associazioni delle vittime o il capo indipendentista Oscar Temaru.

“Potrei sbarazzarmi di questo tema dicendo ‘perdono’, come quando urti qualcuno per strada, chiedi scusa e continui ad andare avanti per la tua via. É troppo facile per un presidente  della mia generazione dire in qualche modo i miei predecessori hanno avuto torto, il peggio è stato fatto, ora scuse e indennizzi”.

Il discorso di Macron però non è piaciuto a tutti. “Non c’è nessun progresso in questo discorso, solo demagogia. Le bugie di stato continuano”, ha deplorato padre Auguste Uebe-Carlson, presidente dell’associazione “193”, ai microfoni di Polynésie 1ere.

Il presidente della Polinesia, l’autonomista Edouard Fritch, si è invece rallegrato che Macron voglia “finalmente che la verità sia posta sul tavolo dopo 25 anni di silenzio”.

Sulla questione degli indennizzi, il presidente ha detto che sono ancora “troppo lenti” e ha promesso un miglioramento del trattamento dei dossier. Ha garantito che gli archivi di Stato sui test “verranno aperti”, fatta eccezione per i dati militari più sensibili.

Cinque anni fa, Francois Hollande già riconobbe “l’impatto sull’ambiente e la salute” dei test nucleari nel Pacifico. L’ex presidente assunse una serie di impegni, di cui alcuni non ancora messi in atto, come l’apertura di un Memoriale sui test atomici.

(di Paolo Levi/ANSA).