Tokyo, Ganna 5/o in strana crono: “In salita non ne avevo”

Filippo Ganna in azione durante una crono nel Girop d'Italia. Archivio.
Filippo Ganna in azione durante una crono nel Giro d'Italia. Archivio. (Photo by Luca Bettini / AFP)

TOKYO.  – Una cronometro che non era da crono, con più di 800 metri di dislivello lungo 44,2 km all’interno del “Fuji International Speedway”: come dire un tracciato molto duro e con la strada sempre in salita o in discesa.

Così si spiega il podio mancato da Filippo Ganna, che di questa specialità è forse il migliore specialista del panorama internazionale ma qui più di tanto non poteva fare.

Lo spiega lui stesso, con lucidità nonostante lo sforzo fatto, subito dopo la gara: “stavo bene, ma guadagnavo solo nelle parti in discesa – dice -. Invece, logicamente, quando la strada saliva la gamba non era competitiva al top come quella degli scalatori”.

E per questo alla fine ha vinto uno come Primoz Roglic, corridore da grandi giri che dopo la caduta del Tour si era preparato in modo specifico per l’Olimpiade e che, comunque, ha le gambe che girano bene anche quando la strada s’impenna e diventa salita.

Lo stesso si può dire, visto il circuito olimpico giapponese, per l’australiano Rohan Dennis, portato per questo tipo di crono, con tanti saliscendi e quindi, non a caso, sul podio per mettersi al collo il bronzo, mentre l’argento è andato all’olandese Tom Dumoulin, vincitore di un Giro e anche lui uomo da corse a tappe.

Come Ganna, e per gli stessi motivi, hanno deluso i belgi Wout Van Aert e Remco Evenepoel, mentre si è fatto valere uno come il colombiano Uran, ottimo nono. Bene anche un sorprendente Alberto Bettiol, alla fine undicesimo. Insomma le caratteristiche del percorso hanno fatto la differenza, e per questo Ganna si autoassolve.

“Sono tranquillo, felice, fosse stato un anno fa non avrei nemmeno dovuto fare questa corsa – sottolinea -. Ho fatto ciò che dovevo, quindi nessun rimpianto. Qui c’era gente che fino all’altro giorno era al Tour de France e vince le corse a tappe, io più di così non potevo. Ho giocato le mie carte, e siamo tanti corridori racchiusi in pochi secondi. C’è un po’ di rammarico, ma se qualcuno oggi è stato più forte, io rifarei tutto uguale. E non perdo il sorriso: ragazzi, c’erano ottocento metri di dislivello… Magari a Parigi ci sarà un percorso un po’ più adatto alle mie caratteristiche”.

Appuntamento quindi al 2024. “Un’Olimpiade è sempre un’Olimpiade – commenta Ganna -, e ora se su pista andrà bene non è che dimenticheremo questa performance di oggi: diciamo che è un apprendistato per il futuro”.

Per lui dovrebbe comunque essere ricco di soddisfazioni, intanto c’è ancora un presente a cui pensare, perché Filippo è il pezzo pregiato del quartetto dell’inseguimento su pista che, senza tanti giri di parole, a Tokyo ha mire da podio.

“Ora pensiamo alla pista – si auto-incita -: i miei compagni sono arrivati ieri, spero che abbiano messo a posto il jet lag e che le gambe comincino a girare bene. Siamo fiduciosi”. Ci spera tutta l’Italia del pedale, che ha maledettamente bisogno di una medaglia, e confida anche in Elia Viviani.

(dell’inviato Alessandro Castellani/ANSA).

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