Biden mette fine alla guerra in Iraq e riduce le truppe

Un convoglio militare delle truppe americane stanziate in Irak.
Un convoglio militare delle truppe americane stanziate in Irak. (Ansalatina)

WASHINGTON.- Joe Biden vuole chiudere una volta per tutte con l’era post 11 settembre e dopo 20 anni di guerre in Medio Oriente concentrarsi sulle minacce di oggi, vedi la Cina.

Così dopo aver archiviato il conflitto in Afghanistan con la decisione del ritiro delle truppe Usa entro il 31 agosto, annuncia adesso la svolta in Iraq: entro la fine dell’anno basta missioni di combattimento e riduzione graduale del numero di militari americani nel Paese, attualmente circa 2.500.

L’avvio della nuova fase è contemplato nell’accordo raggiunto tra Washington e Baghdad e sancito alla Casa Bianca, dove il presidente americano ha ricevuto il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi.

“Non c’è alcuna ragione o necessità perché truppe da combattimento straniere, qualunque esse siano, restino sul nostro suolo”, ha affermato quest’ultimo poche ore prima di essere ricevuto nello Studio Ovale.

“C’è stata un’evoluzione nel ruolo militare degli Usa in Iraq – si legge nella dichiarazione congiunta preparata per l’incontro tra i due leader – e per questo, come richiesto dalle autorità irachene, nel Paese non ci saranno più forze americane impegnate in azioni di combattimento. Mentre proseguirà l’impegno Usa sul fronte dell’addestramento, del supporto logistico, del lavoro di intelligence e delle funzioni consultive”.

Del resto, si ricorda a Washington, sono oltre 250 mila gli uomini delle forze di sicurezze irachene e curde addestrati dagli americani negli ultimi anni per contrastare soprattutto l’offensiva dell’Isis. Uomini, sottolineano i due leader, perfettamente in grado di proteggere il proprio Paese.

Certo la minaccia dello Stato Islamico resta una realtà con molti militanti che, dopo essere stati per mesi allo sbando, potrebbero riorganizzarsi e rialzare la testa, soprattutto approfittando di un indebolimento della presenza americana nell’area. Del resto il caso Afghanistan con l’aggressivo ritorno sul campo dei talebani suona come un campanello d’allarme.

Ma proprio per questo le indicazioni sulla riduzione delle truppe Usa dall’Iraq restano vaghe, oltre all’ambiguità – sottolineano diversi osservatori – sulla reale distinzione tra “truppe da combattimento e truppe da non combattimento”.

“Tutti i nostri soldati sono in grado di fare molte cose, e anche le truppe da combattimento sono incaricate di addestrare, assistere e consigliare”, ha affermato il numero uno del Pentagono  generale LLoyd Austin, lasciando intendere che la fine delle missioni di combattimento in questo caso ha più un valore simbolico che altro.

L’Iraq poi non è l’Afghanistan. E, come evidenziano diversi osservatori, risulta difficile pensare che la strategia dell’amministrazione Biden possa davvero contemplare un indebolimento della presenza militare Usa in una regione che rappresenta di fatto il fronte principale di scontro con l’Iran.

(di Ugo Caltagirone/ANSA).