MILANO. – Per scoprire cosa si nasconde nel profondo del cuore bisogna saper cogliere ogni suo fremito, ogni sussulto. E’ quello che ha fatto la sonda InSight della Nasa su Marte, riuscendo a mappare per la prima volta il ‘cuore’ del pianeta grazie allo studio della propagazione delle onde sismiche che lo scuotono. Una sorta di ‘ecografia’, mai tentata prima su un pianeta diverso dalla Terra, che ha permesso di stimare lo spessore della crosta, la struttura del mantello e le dimensioni del nucleo.
I risultati sono frutto di tre studi internazionali che conquistano la copertina di Science, tanto sono importanti per fare luce sulla formazione e sull’evoluzione del Pianeta Rosso che in questo 2021 ha riacceso gli animi con ben tre nuove missioni (l’emiratina Hope, la cinese Tianwen-1 e la statunitense Mars 2020) a caccia di vita.
Per InSight, approdata su Marte a fine 2018, “è stato come auscultare il battito cardiaco di un paziente per capire le sue condizioni di salute”, commenta Filippo Giacomo Carrozzo, ricercatore dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf. “Lo ha fatto grazie a un sismometro molto sensibile, capace di rivelare tremori del sottosuolo delle dimensioni di un atomo di idrogeno”.
Lo strumento ha iniziato a rilevare terremoti a febbraio 2019, “dandoci la prima conferma diretta della loro esistenza: le scosse registrate hanno tutte magnitudo inferiore a 4 e hanno per lo più origine nella crosta”. La loro propagazione nel sottosuolo “ci offre la prima osservazione diretta della struttura interna del pianeta, che finora – ricorda l’esperto – avevamo potuto sol dedurre da modelli teorici”.
I dati dimostrano che sotto il sito di atterraggio di InSight, vicino all’equatore marziano, la crosta è composta da più strati con almeno due o tre interfacce. “Estrapolando i dati su tutto il pianeta, si deduce che la crosta ha uno spessore medio compreso tra i 24 e i 72 chilometri”, precisa Carrozzo.
Proseguendo verso il centro del pianeta, sotto lo strato roccioso del mantello, c’è poi il grande nucleo, che ha un raggio di quasi 1.830 chilometri, circa la metà di quello del pianeta. “La vera sorpresa è che il nucleo sembra essere ancora liquido e non solido come pensavamo: è meno denso del previsto, formato da una lega di ferro e nichel con altri elementi più leggeri e arricchito di zolfo”, spiega l’esperto Inaf.
La presenza di un mantello piuttosto sottile, probabilmente privo del minerale bridgmanite presente invece nel mantello terrestre, implica che il nucleo primordiale di Marte potrebbe essersi raffreddato più velocemente di quello terrestre: il calore emesso avrebbe così prodotto correnti elettriche dando origine a una geodinamo che avrebbe creato un campo magnetico.
Secondo Carrozzo, “questi dati, insieme alla magnetizzazione della crosta marziana misurata da InSight, suggeriscono che in passato potrebbe esserci stato un campo magnetico simile a quello terrestre, in grado di agire come uno scudo proteggendo eventuali forme di vita dalle radiazioni e dal vento solare”.
(di Elisa Buson/ANSA)