Ita non convince sindacati, prepara aumento 700 milioni

Un manifestante porta un aereo di cartone surante una protesta dei lavoratori di Alitalia
Una recente manifestazione dei lavoratori di Alitalia. (ANSA)

ROMA. – Una trattativa diretta, quattro bandi di gara, l’ottenimento della licenza di volo, l’aumento di capitale. Sono solo alcuni dei passaggi della road map che porterà fra tre mesi al decollo di Ita e al suo successivo sviluppo.

Un percorso non privo di ostacoli, a partire dal nodo degli esuberi, con i sindacati che hanno già detto “no” al nuovo piano industriale che prefigurerebbe “spezzatino” e miniflotta.

“C’è una transizione da gestire”, ammette il ministro delle infrastrutture Enrico Giovannini, che però rassicura sul fatto che “sarà una compagnia più piccola ma con prospettive di sviluppo” e che ci sarà grande attenzione al tema del sociale: su questo il ministro Orlando “sta lavorando da tempo – spiega – proprio per preparare, in discussione con le parti sociali, delle soluzioni per chi rischierà di non essere subito nella nuova compagnia”.

Stando ai numeri del nuovo piano industriale, i posti di lavoro che traballano sono molti. Ita infatti partirà con 2.750-2.950 dipendenti, ovvero poco più di un quarto degli attuali 10.500, destinati a salire a fine piano (2025) a 5.550-5.700 persone.  Se poi Ita riuscirà ad aggiudicarsi le gare per il Ground Handling e la Manutenzione si stimano al 2025 altri 3.750-3.950 ingressi.

Prospettiva che però non convince i sindacati. Ai lavoratori di Alitalia, passati dai 20mila del 2008 ai 10.500 attuali, si chiede “l’ennesimo sacrificio e soprattutto di non lavorare magari per i prossimi 4-5 anni con una prospettiva di assunzione che non è certa. É una situazione di estrema criticità”, afferma il segretario nazionale della Filt Cgil Fabrizio Cuscito.

“Un investimento pubblico che produce migliaia di licenziamenti e tagli inaccettabili”, dicono Cub e Usb preannunciando per martedì assemblea e presidio Roma.

Ma a destare preoccupazione sono anche altri aspetti del piano industriale, dalla mini-flotta di 52 aerei agli slot (l’85% su Malpensa e il 43% su Fiumicino). Numeri che prefigurano una piccola compagnia, proprio mentre Ryanair annuncia piani ambiziosi per l’Italia.

Un’operazione “molto debole”, la definisce il leader della Cisl Luigi Sbarra, ricordando che i sindacati attendono la convocazione del governo. “Si è preferita la scelta dello spezzatino, di una compagnia minuscola, priva di prospettive”, si unisce al coro il sindaco di Fiumicino Esterino Montino.

“Viene sacrificato ml’interesse nazionale”, commenta il deputato di LeU Stefano Fassina; con lui concorda il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli di FdI, che chiede al premier Mario Draghi di riferire in Parlamento.

Nel frattempo Ita prepara i prossimi step operativi per arrivare pronti al 15 ottobre. Il primo sarà l’assemblea dei soci – che si terrà a breve, forse già la prossima settimana – chiamata a deliberare sull’iniziale aumento di capitale di 700 milioni, dotazione con cui Ita potrà acquisire gli asset e completare il processo di rilascio delle certificazioni per poter vendere i biglietti (dal 15 agosto).

Proprio nelle scorse settimane è iniziato l’iter presso l’Enac per il rilascio del certificato di operatore aereo (Coa).

Spetta invece mall’amministrazione straordinaria di Alitalia mettere a punto i mbandi per vendere singolarmente quattro asset: lo storico Brand mche vale 150 milioni, le attività di Ground Handling (gara cui mIta può partecipare come azionista di maggioranza), la Manutenzione (cui partecipa in minoranza) e la Loyalty (cui non partecipa).

I tempi dei bandi ancora non sono noti, ma è mpossibile che per il 15 ottobre venga concluso almeno quello per il brand. Garantirebbe ad Ita di decollare con il nome della vecchia compagnia, sempre che riesca ad aggiudicarselo.

(di Enrica Piovan/ANSA)

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