Olanda: morto il reporter investigativo dopo l’agguato

La strada dell'attentato contro il giornalista De Vrie in Lange Leidsedwarsstraat ad Amsterdam.
Luogo dell'attentato contro il giornalista De Vrie in Lange Leidsedwarsstraat ad Amsterdam. ANSA/ EPA/Evert Elzinga

BRUXELLES.  – Stile diretto, prosa misurata ma efficace. L’Olanda ricorda così Peter R. de Vries, il giornalista investigativo morto a seguito delle ferite riportate dopo l’attacco a colpi di arma da fuoco alla testa avvenuto ad Amsterdam lo scorso 6 luglio.

Aveva appena lasciato uno studio televisivo dopo un talk show in cui era stato ospite. Ricoverato subito dopo l’agguato, il reporter ha trascorso più di una settimana in ospedale lottando fra la vita e la morte.

Gli inquirenti propendono per la pista della criminalità organizzata. Due persone sospettate di aver preso parte alla sparatoria sono in custodia cautelare: un polacco di 35 anni e un olandese di 21 anni, che sarebbe il killer.

“Peter ha combattuto fino alla fine, ma non è riuscito a vincere la sua battaglia”, hanno affermato i suoi parenti più stretti annunciandone la morte. De Vries, 64 anni, come arma usava la sua voce e la sua penna. Cresciuto in una familia religiosa ad Amstelveen, appena fuori dalla capitale olandese, si era fatto un nome come intrepido reporter di cronaca nera per il tabloid De Telegraaf, scrivendo del rapimento del milionario della birra Freddy Heineken negli anni ’80, notizia che aveva fatto il giro del mondo.

Un lavoro infaticabile e coraggioso che aveva anche portato alla soluzione di un caso, quello dell’omicidio di un’assistente di volo a Putten, nel centro dei Paesi Bassi. Poi si era rivolto al mondo della televisione, dove aveva condotto il suo programma sui dossier criminali, intitolato “Peter R. de Vries, Crime Reporter”.

Una carriera costellata da successi ma anche dalla paura, per la varie minacce di morte ricevute. La fama a livello internazionale era arrivata quando si era occupato della scomparsa dell’americano Natalee Holloway sull’isola caraibica di Aruba vincendo un Emmy Award per il suo reportage.

Negli ultimi anni, de Vries era passato dalla carriera strettamente giornalistica a quella di “confidente” di persone proveniente dall’ambiente criminale. Nel giugno 2020 aveva infatti deciso di diventare consigliere di Nabil B., testimone chiave nel cosiddetto “processo Marengo”: un importante procedimento penale contro 17 indagati, tra cui Ridouan Taghi, presunto capobanda e primo sospettato.

Tutti gli imputati sono membri della cosiddetta “mocromafia”, il grande clan mafioso con radici marocchine, ritenuto responsabile di numerosi omicidi e tentati omicidi legati a casi di droga, precisano i media locali.

Numerosi i commenti e le reazioni alla notizia della scomparsa, a partire dal premier Mark Rutte “toccato profondamente” dalla morte. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è detta “profundamente rattristata” e ha elogiato i giornalisti investigativi definendoli “vitali per le nostre democrazie”.

David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha ricordato il coraggio di de Vries contro la criminalità, mentre il vicepresidente dell’esecutivo comunitario, l’olandese Frans Timmermans, ha posto l’accento sulla stampa libera che è alla “base della nostra democrazia” e che va dunque protetta.

(di Giuseppe Maria Laudani/ANSA).

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