Draghi spinge sui tempi delle riforme. Muro M5s sulla giustizia

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la conferenza stampa al termine dei lavori del Consiglio europeo straordinario.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante la conferenza stampa al termine dei lavori del Consiglio europeo straordinario. (Ufficio Stampa e Comunicazione Presidenza del Consiglio)

ROMA. – Approvare la riforma del processo penale entro la pausa agostana, per blindare il testo prima che l’inizio del semestre bianco aumenti le fibrillazioni e il rischio di strappi nella maggioranza. E’ tentativo che si farà alla Camera nelle prossime settimane, un tentativo difficilissimo visto il muro alzato dal Movimento 5 stelle, che con il presidente della commissione Giustizia già evoca il rinvio a settembre.

Ma la riforma della giustizia, di cui Mario Draghi parla in giornata sia con Enrico Letta per il Pd che con Antonio Tajani per FI, è uno dei tasselli cruciali del Recovery plan italiano.

E nel giorno in cui dall’Ecofin arriva il via libera alla prima tranche di fondi per l’Italia, il presidente del Consiglio lo ribadisce con forza al Consiglio dei ministri: il governo e il Parlamento, che ha approvato a larga maggioranza il piano, deve avvertire “lo stimolo” a “spendere bene” i 191,5 miliardi che arriveranno all’Italia e “approvare in tempi rapidi le riforme”, dalla giustizia alla concorrenza al fisco, che sono attese entro fine mese. Solo così si potranno avere tutti i fondi e mostrarsi un “Paese credibile e affidabile”, un profilo che al governo italiano viene “riconosciuto ogni giorno di più”.

Applaudono i ministri in Cdm alle parole di Draghi. Ma sta ai loro partiti, adesso, garantire il risultato in Parlamento. Il governo assicura massimo rispetto delle prerogative delle Camere e dunque nessuna forzatura sulla riforma del processo penale. Ma di fronte al muro eretto da Giuseppe Conte e da larga parte dei Cinque stelle, si muovono i segretari. Perché all’inizio di agosto si aprirà il semestre bianco, durante il quale non sarà possibile sciogliere il Parlamento, e la riforma Cartabia, approvata la scorsa settimana in Consiglio dei ministri rischia di restare ostaggio delle barricate pentastellate e di quella fronda interna che chiede di uscire dal governo.

A Letta, che con il Pd sostiene con convinzione la riforma e che ribadisce il sostegno a Draghi incontrato a Palazzo Chigi, si guarda come a uno dei possibili artefici della mediazione con l’alleato Conte. Insieme ai ‘governisti’ M5s – e Beppe Grillo – più disponibili al dialogo. Ma anche chi nel Movimento si dice disponibile a mediare, su tempi e contenuti della riforma, avverte: “Se il governo intende farla passare così com’è, senza modifiche, rischia di saltare il tavolo”.

Il problema, ribatte chi in queste ore cerca di svelenire il clima, è che la mediazione, sul nodo della prescrizione così come sull’appello e i riti alternativi, è stata cucita dopo una faticosa trattativa in maggioranza: spostare una virgola per andare incontro al M5s rischia di far insorgere il centrodestra.

Un tassello importante è la partita che si gioca in casa pentastellata, dove prosegue il lavoro per presentare il nuovo statuto entro la settimana e aprire ufficialmente il percorso che dovrebbe portare alla presidenza di Conte. Beppe Grillo viene annunciato a Roma mercoledì, poi la sua presenza viene smentita.

Un depistaggio? C’è chi non lo esclude, dal momento che il fondatore M5s non è nuovo a sorprese. Ma Grillo avrebbe dovuto, secondo quanto confermavano fonti pentastellate, vedere Conte. E invece chi è vicino all’ex premier smentisce che l’incontro, cruciale per siglare l’intesa finale, sia ad oggi previsto. Non solo. Forti tensioni continuano a solcare il Movimento, che a poche ore dalla prevista votazione in Parlamento non sembra neanche aver trovato un’intesa sul nome da proporre per il cda della Rai.

Quanto alla giustizia, proprio tra Conte e Grillo dovrà avvenire il primo chiarimento. E proprio la giustizia è uno degli ostacoli da superare per sugellare una piena pace. L’ex premier non sembra voler indietreggiare dall’annunciata battaglia per cambiare la riforma Cartabia, magari con il sistema alla tedesca, che prevede sconti di pena (non l’improcedibilità prevista dopo due anni da Cartabia) per eccessiva durata del processo. Ma i mediatori sono al lavoro e i Dem confidano che l’alleato non abbia l’interesse a strappare.

Un ostacolo viene considerato il fatto che il M5s abbia la presidenza della commissione Giustizia della Camera con Mario Perantoni, apertamente avverso al testo Cartabia. Gli emendamenti del governo sono attesi in commissione entro la mattinata di mercoledì, poi alle 15 si riunirà l’ufficio di presidenza che dovrà fissare il termine per i subemendamenti.

Portare il testo in Aula come previsto il 23 luglio per approvarlo entro agosto, dice Perantoni, è “non realistico”. Ma Pd, Lega, Fi e Iv potrebbero mostrarsi sensibili al richiamo alla “lealtà” di Draghi e spingere per l’intesa, magari sugellata da un voto di fiducia in Aula. “E’ difficilissimo, quasi impossibile. Ma la partita è appena all’inizio”, dice un deputato di centrosinistra.

(di Serenella Mattera/ANSA)