Scontro su Ddl Zan, ma avanti in Aula. Rischio voto segreto

Un passante osserva la bandiera multicolore.
Un passante osserva la bandiera multicolore. (ANSA)

ROMA. – Il ddl Zan arriva finalmente in Aula al Senato e dopo una seduta piuttosto movimentata il primo round se lo aggiudicano i sostenitori del testo che non torna in commissione e va avanti nel suo iter in Assemblea. Respinte infatti le pregiudiziali di costituzionalità, presentate da FdI e Lega, con 124 sì, 136 no e 4 astenuti.

Il provvedimento, dunque prosegue, ma lo stallo politico permane e gli schieramenti sono sempre gli stessi: Fi, FdI, Lega contro il provvedimento, Pd, M5s, LeU a favore del testo approvato dalla Camera, con Italia viva e Autonomie a fare da ago della bilancia. Nessun accordo sembra possibile e si va allo scontro diretto. Quella di ieri è solo una battaglia vinta perché la guerra vera è solo rimandata.

“O si va a scrutinio segreto ed è un rischio per tutti o ci si assume la responsabilità politica di trovare un accordo che sarebbe ad un passo”, avverte Matteo Renzi che invoca un “patto politico” affinché alla Camera questa legge, ove venisse modificata al Senato, sia approvata in due settimane”. “Se si va allo scontro avrete distrutto la vita di quei ragazzi”, conclude riferendosi alle vittime di violenze omofobe.

Un invito ai pasdaran del provvedimento a cedere qualcosa per portare a casa un risultato sicuro arriva anche dal leader della Lega Matteo Salvini “chiedo di superare steccati ideologici e in un mese approviamo una norma di civiltà”.

In sostanza quello che viene chiesto è la modifica degli articoli 1, 4 e 7. Esattamente quelli che Pd e M5s non vogliono toccare e che riguardano la definizione di genere, la libertà di espressione e l’educazione gender nelle scuole con l’istituzione della giornata contro l’omotransfobia.

“Bocciate le pregiudiziali di costituzionalità, entriamo nel merito del Ddl Zan. Ostruzionismo sconfitto, da adesso in poi ognuno si assume le proprie responsabilità” afferma soddisfatta la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia e diritti del Pd, Anna Rossomando.

Alle 16.30 inizia la seduta d’Aula tanto attesa e dopo meno di un’ora la conferenza dei capigruppo è convocata su richiesta del presidente della commissione Giustizia Andrea Ostellari che vorrebbe far tornare il testo in commissione “per valutare – spiega – se c’è la disponibilità a continuare quel dialogo che avevamo intrapreso in quel tavolo politico che aveva dato ottimi frutti e sulla base del quale, secondo me in 15 giorni, potremmo arrivare a un testo condiviso”.

Il presidente Elisabetta Casellati accoglie l’invito, decisione che scatena le proteste di Pd, Leu e Movimento 5 stelle. Urla, insulti e fischietti sotto le mascherine in un clima “incandescente” come lamenta il presidente costretta a richiamare all’ordine l’Assemblea: “Non voglio un clima da stadio, – dice con voce risoluta – gli europei li abbiamo già vinti” e dopo aver dato la parola a chi l’ha chiesta congeda l’Assemblea per la capigruppo.

La tabella di marcia che ne viene fuori è chiara: subito si votano le pregiudiziali, poi oggi alle 9.30 l’Aula prosegue con il voto delle sospensive al termine inizierà la discussione generale, mentre il 20 luglio è la deadline per presentare gli emendamenti.

Sedute di 4 ore e trenta, specifica il presidente Casellati, con sanificazioni di 70 minuti. I tempi si allungano e il rischio di slittare a settembre è reale, anche se il pentastellato Ettore Licheri scandisce “Stiamo provando a scongiurarlo”.

(di Simonetta Dezi/ANSA)

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