A Cuba decine di arresti, monito di Usa e Europa

Manifestanti nelle strade di Cuba.
Manifestanti nelle strade di Cuba. Archivio. (ANSA)

WASHINGTON. – Auto della polizia rovesciate, lancio di pietre contro agenti e militari, negozi gestiti dal governo saccheggiati. La tensione a Cuba non accenna a diminuire, con migliaia e migliaia di persone in strada in tutte le principali città dell’isola per protestare contro il regime e contro una crisi divenuta intollerabile per gran parte della popolazione.

Decine gli arresti di attivisti politici e giornalisti, tra cui una reporter del quotidiano spagnolo Abc. Un pugno duro che ha spinto anche Bruxelles a definiré “inaccettabile” la risposta del regime alle manifestazioni.

“Siamo giunti al limite della sopportazione”, ripete intanto la gente, costretta a ore e ore di fila per acquistare cibo o medicine. E nonostante il governo del presidente Miguel Díaz-Canel continui a puntare il dito sugli Usa, accusati di voler provocare disordini sociali e di essere dietro a elementi controrivoluzionari, la preoccupazione comincia a serpeggiare ai vertici del partito comunista, che temono la situazione possa sfuggire di mano.

Così nella riunione delle ultime ore dell’Ufficio politico del Comitato centrale del partito, presieduta da Díaz-Canel, si è rivisto anche l’ex leader Raúl Castro, che con i suoi 90 anni resta un punto di riferimento fermo del regime.  Dalla riunione è scaturito quindi un nuovo appello a difendere la rivoluzione e a combattere i tentativi di destabilizzare il Paese.

Poche ore prima il segretario di Stato americano, Antony Blinken, aveva definito “un grave errore interpretare le proteste come il prodotto di qualcosa che gli Usa hanno fatto”. Il capo della diplomazia Usa è quindi tornato ad accusare L’Avana di “ignorare le voci e la volontà del popolo cubano, un popolo profondamente stanco di una repressione in atto da troppo tempo”.

Ma Washington deve fare i conti con un fronte quasi compatto dei Paesi latinoamericani a sostegno del regime di Cuba. Così dopo il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador anche quello dell’Argentina Alberto Fernandez ha chiesto la fine dell’embargo e delle sanzioni imposte a L’Avana dagli Usa, misure che oramai con la crisi provocata dalla pandemia rischiano di strozzare definitivamente Cuba.

All’appello si sono quindi uniti il presidente della Bolivia, Luis Arce, che ha parlato di “attacco straniero” nei confronti dell’isola, e del mleader del regime venezuelano Nicolas Maduro: “Cuba se la caverà – ha detto – ci è stato inflitto lo stesso trattamento, lo mstesso metodo di asfissia e persecuzione che è stato applicato a Cuba per 60 anni. Se gli Usa vogliono davvero aiutare il popolo cubano revochino immediatamente le sanzioni e il blocco”.

Ma a far sentire la propria voce nelle ultime ore è anche la comunità cubana che vive in America, soprattutto in Florida, con migliaia di manifestanti scesi in strada a Miami e a Washington a sostegno delle proteste in corso a Cuba: “Abbasso il comunismo”, lo slogan più gridato, con la speranza che prima o poi si possa arrivare alla caduta del regime castrista e che tanti cubani negli Usa possano tornare a casa.

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