Italia alla Croazia: “Il Prosecco non si tocca”

Panoramica sulle vigne del prosecco in località Rolle.
Panoramica sulle vigne del prosecco in località Rolle. ANSA/ANDREA MEROLA

ROMA. – A livello mondiale un terzo delle bottiglie di bollicine vendute sono di Prosecco, seguite, secondo dati dell’Osservatorio Vino dell’Unione italiana Vini, dal Cava (14% dei volumi), dallo Champagne (11%) e dall’Asti. Nei brindisi e all’aperitivo il Prosecco è dunque uno stile del bere globale, che per la spumantistica made in Italy vale il 69% delle esportazioni sparkling italiane per un controvalore di circa 1,5 miliardi di euro nel 2020.

“Oggi il Prosecco – ha sottolineato il produttore veneto Gianluca Bisol – è diventato sui mercati internazionali sinonimo di spumante italiano”. Un successo che molti tentano di inseguire. Da ultima la Croazia, che ha chiesto alla Ue il riconoscimento del termine Prošek come menzione tradizionale. Nel 2013 Zagabria aveva già provato a registrare la denominazione di origine di un vino tradizionale, un passito, denominato Prosek. Ma la domanda era stata respinta dalla Commissione.

Immediata, oggi come sette anni fa, la levata di scudi da parte dei produttori e delle istituzioni, bipartisan, a tutela una produzione iconica che vanta una Docg, per l’area storica di Conegliano Valdobbiadene, con tanto di riconoscimento Unesco dal 7 luglio 2019 per la bellezza del paesaggio collinare coltivato a uve Glera, e una Doc che annovera produttori in Veneto e in Friuli.

“Non possiamo tollerare che la denominazione protetta ‘Prosecco’ diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea” ha detto Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che ha inviato una lettera al Commissario all’agricoltura Janusz Wojciechowski, per chiedere di fermare la procedura prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale Ue della domanda croata.

Per il sottosegretario alle Politiche agricole Gian Marco Centinaio è un “ennesimo colpo basso al nostro Made in Italy. Il rischio per la Ue è quello che finisca con il violare le sue stesse norme” . il presidente della Regione Veneto Luca Zaia chiede di “impugnare il provvedimento a tutti i livelli. Il Prosecco ha una sua identità che non può essere assolutamente confusa”.

A chiedere che la Croazia faccia passo indietro è il presidente del Consorzio del Prosecco Doc Stefano Zanette, che giudica l’istanza alla Ue “Irricevibile non soltanto perché palesemente evocativa della nostra Do (denominazione di origine) ma soprattutto perché in grado di minare alla radice l’intero impianto delle Ig (indicazioni geografiche) europee. Non a caso abbiamo ricevuto il sostegno e l’impegno a portare avanti la battaglia su questo fronte da parte delle più importanti Do a livello mondiale” .

Per Albiera Antinori, presidente del Gruppo Vini di Federvini, “appare incomprensibile l’atteggiamento della Commissione Europea che sta lasciando andare avanti il dossier. Il Regolamento europeo in materia (1308/2013) stabilisce che ogni denominazione di origine, come il nostro Prosecco, deve essere difesa da ogni tentativo di imitazione, anche attraverso la semplice traduzione linguistica. E il termine croato Prosek è semplicemente la traduzione di Prosecco”.

Peraltro il via libera della Commissione alla domanda sul Prosek, secondo molti esperti, non è in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. La quale ha in passato chiarito che anche la semplice evocazione, anche solo pittorica, di una denominazione di origine protetta può costituire una violazione del diritto Ue.

(di Alessandra Moneti/ANSA)

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